Quando si dice “avere le idee chiare”: è questa l’espressione calzante per raccontare Cristian Pellegrino, allenatore della France Sport che sta dando ordine alla seconda stagione in Prima Categoria di una squadra che si ciba di entusiasmo ed attaccamento alla maglia. 
Arrivato la scorsa estate, fortemente voluto da Marco Franceschetti, presidente della stessa società nonché fondatore, gli è stato affidato il compito di proseguire nel lavoro intrapreso un anno prima, con un salvezza arrivata davvero in extremis che ha sovvertito i pronostici della vigilia secondo cui questa squadra in questo campionato sarebbe stata una comparsa.

Ed invece la France Sport ha sparigliato le carte e vuole continuare a sorprendere ma ancor di più a crescere con un tecnico che, appunto, sa bene cosa vuole. “Ho preso i patentini per allenare in Svizzera che è il paese dove sono cresciuto calcisticamente parlando, ho giocato in questa terra e allenato, partendo dall’Agno e passando poi al Lugano, nell’under 19, a 31 avevo già i patentini perché che volessi fare l’allenatore era ben chiaro, e l’ho capito soprattutto al Gambarogno quando mister Di Vittorio mi spostò dall’attacco a play davanti alla difesa, volevo sempre saperne di più osservavo ogni esercizio, e la stessa situazione si è più o meno ripetuta quando giocai a Luino, guardavo già oltre il campo”.

Come ci sei arrivato alla France Sport?
Ho allenato il Ponte Tresa, la squadra della mia città, e già lì avevo avuto qualche contatto con mister Franceschetti perché negli anni a cavallo del covid la France era in Terza Categoria, poi so che ha chiesto di me a Brattesani, il presidente del Bosto, il club dove sono cresciuto, e sono stato contattato anche da Rebecchi, il nostro capitano con cui ho condiviso l’esperienza a Luino, alla fine ha deciso di fare un passo indietro per gestire tutto quello che è la France anche oltre la prima squadra, ma per lui questa società è come una figlia”.

Ecco appunto, e non senti un po’ il peso della responsabilità? In fondo ti ha messo in mano “la sua creatura”.
Io amo le sfide, so che non è un compito non semplice ma se ho detto sì è perché mi sento pronto, e poi ho sposato la filosofia “Zero budget” della France, si gioca per la maglia, per i valori, ma anche per sovvertire i pronostici con squadre più blasonate della nostra, è davvero stimolante e possiamo crescere tanto insieme”.

Qual è stato il primo approccio con i ragazzi?
Sono stato contattato in vacanza, torno dico sì e mi ritrovo senza Pivato, che era certamente uno dei giocatori più rappresentativi di questa squadra, ma ho avuto fiducia nel lavoro dello staff e soprattutto ho cercato di entrare nelle teste di questi ragazzi; tra le altre cose ho un diploma da mental coach e nel 2026, insieme ad altri 2 soci, metterò in piedi anche quest’attività perché credo che ormai sia una figura imprescindibile ad ogni livello”.

Come giudichi la prima parte di stagione? Partiti maluccio, poi è arrivato un filotto di successi consecutivi che ora vi vede al limite della zona playout…
L’inizio non è stato semplice, innanzitutto dovevamo conoscerci e poi abbiamo avuto subito degli infortuni che ci hanno un po’ condizionato, ma ho cercato di far capire ad ogni ragazzo l’importanza che ha all’interno di un gruppo, oggi posso dire che giocano tutti da squadra, si sacrificano, lottano, anche quando vengono chiamati in causa per pochi minuti danno tutto ciò che hanno, per un allenatore è gratificante tutto ciò, e così è arrivato un filotto di punti che ci ha rimesso in carreggiata, e poi vincere rende tutto più semplice anche in settimana”.

La scorsa domenica, però, una battuta d’arresto con l’Ardita Cittadella, squadra che attualmente è prima in classifica. 
Sconfitta che però non racconta la nostra prestazione, confortante soprattutto se si pensa che contro c’era una corazzata che vuole salire in Promozione e che ha costruito un team con quell’obiettivo, ma dalle sconfitte s’impara sempre qualcosa”.

Cosa pensi invece del campionato in genere? Lo conosci un po’?
Provo ad informarmi qua e là come penso facciano un po’ tutti, cerco di raccogliere qualche informazione anche se poi ovviamente mi focalizzo sui miei ragazzi, mi sembra di un buon livello ma soprattutto il gap è ridotto tra le prime e le ultime, poi magari da dicembre cambierà qualcosa con il mercato, ma ogni domenica emergono risultati che sono tutto il contrario di tutto, meglio così, è più avvincente”.

Quali obiettivi vi siete posti ad inizio anno?
Al primo colloquio abbiamo parlato di una salvezza tranquilla, diciamo non come quella dello scorso anno, e magari senza passare dai playout, io non ho in mente altro anche se lo so che qualche giocatore oggi sta guardando un po’ più in là, è giusto essere ambiziosi ma bisogna comunque rimanere con i piedi per terra”. E a livello personale invece? Io voglio vivere di calcio, come allenatore e come mental coach, questa è certamente un’ottima palestra, mi piace aiutare i ragazzi a gestire le loro emozioni. Mi sono formato e continuo a farlo perché vorrei che il mio futuro fosse qui, in questo mondo. Fino a marzo lavoravo nella logistica di un’azienda svizzera, poi ho deciso di non continuare in quell’esperienza e oggi sono allenatore, istruttore di tecnica, ma anche coach dei pulcini a Ponte Tresa, oltre che papà quasi a tempo pieno: con la mia compagna abbiamo avuto un bimbo 5 mesi fa, lei ha già ripreso a lavorare, e quindi insieme ai nonni sono io ad occuparmi del piccolo, in attesa di nuove opportunità calcistiche”.

Ultimissima: domenica c’è il Tradate, che gara ti aspetti?
È un’altra delle formazioni costruita per fare bene ma qualche difficoltà credo l’abbiano avuta, me l’hanno descritta come una squadra di qualità, ma anche loro arrivano da un ko, proveremo a giocarcela puntando sulle nostre armi e sul nostro spirito, e se non vinceremo, impareremo”.

Mariella Lamonica

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