Un aperitivo al Sacro Monte, il sole all’imbrunire ad illuminare il tardo pomeriggio, 150 tifosi che intonano un “Forza lotta e vincerai, non ti lasceremo mai” e la Pallacanestro Varese (tutta presente escluso Moore a casa per mal di gola) che abbraccia il suo popolo, la sue radici.

Il tardo pomeriggio biancorosso ci ha regalato tutto questo: un momento iconico, sospeso in un tempo che sembra così lontano e che invece é vicino. Il passato di una squadra del popolo che torna tale, che con essa si identifica e che abbraccia idealmente e carnalmente. Un tardo pomeriggio dove si perde la distanza tra giocatore, dirigente, tifoso o giornalista, in un luogo iconico, che tende all’alto, al sogno, e si trova una vicinanza tanto particolare quanto maledettamente bella, perché vera, perché capace di unire tutte quelle componenti che per una stagione vivranno a stretto contatto, ognuno nella propria sfera di competenza, ma legati sempre più da un rapporto che giornate come queste fortificano e quanto servirebbe ce ne fossero sempre più per capire davvero come anche questo vuol dire essere parte del mondo Pallacanestro Varese: perché alla fine é tutto qui, ed é tanto.

Alessandro Burin

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