
Sandro Galleani di gesti, di parole, non ne aveva bisogno. La sua storia, la sua professionalità, il suo palmares bastavano a parlare per lui. Eppure Sandro una parola, un gesto li aveva per tutti. E li aveva in maniera incondizionata, indistinta, sempre ricca di rispetto, garbo, gentilezza, di un uomo che era in grado di mettere tutti a suo pari.
Una figura iconica, di altri tempi, capace di scrivere la storia di una squadra, di una Nazionale, dal lettino dei massaggi, non solo svolgendo ad un altissimo livello la professione di massofisioterapista, ma anche quella di psicologo, di papà di tutti quei ragazzi che, quel lettino del Sandro, lo vedevano come una sorta di confessionale, un luogo sicuro dove sfogare le loro tensioni e non solo quelle muscolari ma soprattutto quelle nervose, sapendo di poterlo con chi non avrebbe mai giudicato ma ascoltato e consigliato.
Sandro era tutto questo e molto di più, un professionista capace di segnare un’epoca con la Nazionale ma soprattutto, più di tutto, con la sua Pallacanestro Varese: una squadra, una società del cui senso di appartenenza ne era impregnata ogni parte del suo corpo e che oggi si sente smarrita nel sapere di aver perso un pezzo così importante della sua storia, un personaggio che quella storia l’ha scritta e senza il quale sarebbe sicuramente stata diversa.
Il professionista ma prima di tutto l’uomo, Sandro Galleani, quello capace di aprirti un mondo davanti al di là di ogni tipo di reverenza o rispetto che chiunque si trovava davanti non poteva non provare e che Sandro era in grado di spezzare sempre con un sorriso, con una battuta, che era capace di trasmetterti quell’orgoglio che lui stesso provava ogni volta che parlava della sua carriera che poi era la sua vita.
Chi non ha mai visto Sandro, sempre accompagnato dall’Egidia, per il palazzetto o a qualche iniziativa della Pallacanestro Varese, lì, pronto in prima linea come ai tempi in cui in panchina aveva il compito di calmare il Poz tra un cambio e l’altro, o a scattare per soccorrere chi, dei suoi ragazzi, aveva bisogno di soccorso sul parquet per una botta o una caduta. Sempre in prima fila ma sempre defilato, come solo i grandissimi sanno fare.
E poi il garbo, il rispetto, la gentilezza e la disponibilità con le quali si metteva a disposizione di noi giornalista, quelle con le quali l’anno scorso ha raccontato il suo 25esimo anniversario dello Scudetto della Stella, trascinando con la passione ogni singola parola, ogni singolo ricordo, di un trionfo che oggi può toccare con le sue mani nuovamente. Si perché ci piace pensare che Sandro, in fin dei conti, non sia altro che solo più vicino ad una stella, che brilla, fortissima, nel cielo, che splende in mezzo a tante altre e che ci ricorda un uomo che nella sua semplicità, nel suo garbo, nella sua disponibilità e professionalità ha mostrato tutta la sua grandezza e che ci mancherà profondamente.
Alessandro Burin