
Su uno dei campi più caldi del Girone B, la Varesina ha tirato fuori gli artigli dimostrando di volersi definitivamente lasciare alle spalle il periodo nero vissuto a cavallo del 2024 e del 2025. Se una rondine non fa primavera, due vittorie consecutive su Desenzano e Sant’Angelo (non certo squadre qualunque) rappresentano senz’altro un bel segnale che dovrà ora trovare continuità nelle prossime uscite.
Augurio condiviso da tutto l’ambiente rossoblù, e in particolar modo da Lorenzo Macchi. Il portiere classe 2005 è stato senza dubbio protagonista nelle ultime uscite e, complice l’infortunio di Chironi, non ha esitato a farsi carico delle proprie responsabilità: ottimo esordio contro la corazzata Pro Palazzolo (con tanto di rigore parato ad un certo Paloschi), poi anche lui è finito nel vortice negativo dell’ultimo mese (alternandosi con Sorrentino fra i pali) fino alla svolta di due weekend fa. E ora, con sei punti in saccoccia nelle ultime due, è più facile guardare all’immediato futuro con più fiducia.
“L’umore dello spogliatoio è altissimo – conferma Macchi – soprattutto perché siamo reduci da due vittorie importanti. Giocare in casa del Sant’Angelo, squadra che conosco bene visto che ci ho passato sei mesi, non è mai facile e il campo, complice il tempo, è presto diventato un pantano. Terreno pesante e pubblico caldissimo potrebbero scoraggiare chiunque, ma abbiamo dimostrato fortemente di volere quella vittoria e ce la siamo presa”.

Due vittorie consecutive che spezzano un periodo nero: ora serve continuità.
“Sappiamo bene che una vittoria non basta e siamo pronti a ripeterci: domenica ospiteremo la Pro Sesto, altra grande squadra, e vogliamo riscattare il ko dell’andata arrivato nel modo in cui sappiamo tutti. Dovremo essere bravi a sfruttare il momento positivo, a maggior ragione contro una squadra in risalita, e regalare una bella gioia ai nostri tifosi: sarebbe importante spezzare il tabù e vincere due partite di fila in casa”.
Al di là del peso specifico dei tre punti, guardando alla classifica in generale, la sensazione è che il margine per recuperare ci sia: l’Ospitaletto e tutte le altre continuano a lasciar punti per strada. Come pensi si possa sviluppare il finale di stagione?
“Il Girone B è un campionato imprevedibile. Lo vivo da quattro anni e ogni stagione si è dimostrata combattuta e impronosticabile fino alla fine. Non dimentichiamo che tutte le squadre, prima o poi, devono affrontare un periodo difficile: l’abbiamo fatto noi, lo sta facendo il Sant’Angelo e potrebbe capitare a chiunque. La classifica si sta accorciando e se sbagli una partita di troppo rischi di scivolare indietro: una competizione del genere non può che stimolarci a dare il massimo”.
La Varesina è pronta a farlo?
“Sì, non dobbiamo mai smettere né di sognare né di essere ambiziosi. Siamo partiti con un’idea e vogliamo provare ad inseguire il nostro obiettivo fino all’ultima giornata. Non serve guardare a ciò che fanno gli altri: pensiamo a noi stessi, a dare il massimo ad ogni domenica, e i risultati arriveranno”.
A livello personale che bilancio puoi dare fin qui? Sei arrivato come vice di un portiere davvero esperto e ora ti ritrovi sulle spalle una grande responsabilità.
“Le responsabilità fanno parte del ruolo del portiere: chi gioca in porta ha sempre qualche pressione in più perché il non prendere gol dipende da te, dalle tue abilità e da come sai gestire la difesa. L’importante è non farsi travolgere da queste pressioni, altrimenti diventa un problema. Perdere un giocatore del calibro di Chironi è stato un duro colpo, ma sono pronto a dimostrare il mio valore: so che questa è una delle occasioni più importanti della mia carriera e non voglio sprecarla. Fin qui sono soddisfatto, ma c’è tantissimo lavoro da fare ancora”.

A proposito di Chironi, qual è il rapporto con lui?
“Lui è il classico giocatore che parla con i fatti: basta guardare le prime partite di questa stagione per avere la risposta. È un portiere di livello assoluto che va solo ammirato. Anche adesso, malgrado l’infortunio, è sempre al campo con il tutore e contribuisce a tenere al top tutta la squadra: da uno come lui posso solo imparare”.
Parlando di grandi portieri, come preparatore c’è un certo Vito Spadavecchia.
“Il rapporto con Vito è come quello tra un figlio e un padre. Quando lo scorso anno ho giocato qui a Venegono con la Folgore Caratese, lui a fine partita è venuto a parlarmi facendomi i complimenti e augurandomi il meglio. Non ne ho la riprova, ma secondo me se sono qui è anche merito suo. Allenarsi con uno come lui è solo un plus, in tutto e per tutto: consigli in campo e fuori di cui devo far tesoro. La Varesina in generale? Ho sempre sentito parlar benissimo di questa società e ora che vivo l’ambiente ne ho la riprova: la dirigenza è sempre pronta ad ascoltare e venire incontro alle esigenze di chiunque. Sono qui per crescere e migliorare in ogni aspetto, una scelta ragionata anche in prospettiva”.
Con l’infortunio di Chironi e l’arrivo di Sorrentino, come sono cambiate le gerarchie in spogliatoio?
“Non ci sono gerarchie: io sono un 2005, Andrea è un 2004 e spesso subentrano questioni under per l’undici titolare. Il mister decide e ognuno dà il massimo. Il rapporto tra noi è ottimo, come con qualsiasi compagno: si parla, si ride, si scherza, ci si allena con determinazione e si va in campo per vincere tutti insieme”.
Qual è stato il momento più bello della tua stagione?
“Sono felicissimo per il clean sheet contro il Sant’Angelo: finora ero riuscito a farlo solo l’anno scorso contro il Piacenza. Il momento più bello non può però che essere il rigore parato a Paloschi. Non dovevo giocare quella partita e, una volta entrato dopo l’infortunio di Gianmarco, mi sono ritrovato un ex Serie A davanti. Guidetti mi aveva detto che avrebbe tirato forte e centrale, ma d’istinto mi sono sentito che avrebbe invece indirizzato a destra: mi sono tuffato e l’ho parato. Era il suo esordio alla Pro Palazzolo e il mio con la maglia della Varesina: momento pazzesco”.
Qual è il tuo augurio per il finale di stagione?
“Mai smettere di sognare. È quello che ci diciamo sempre per arrivare il più in alto possibile”.
Matteo Carraro