Alberto Mazzetti riparte dall’A2. Lo fa da Scafati, società ambiziosa che punta a tornare subito in LBA dopo la retrocessione della passata stagione e lo fa affidandosi a coach Crotti ed all’ex coach, tra le altre, di Busto Arsizio, Pavia e Gallarate. Il nativo di Somma Lombardo, così, dopo una stagione travagliata sulla panchina di BBG, ritrova un palcoscenico di altissimo livello, già assaggiato sia con Legnano che con Trieste.

Coach, intanto, si sarebbe aspettato la chiamata di Scafati?
“Sinceramente no, è stata, anche per le tempistiche brevi, una sorpresa piacevolissima. Un’occasione inaspettata alla quale, per contesto, ambizione e coach, era difficile dire di no”.

Cosa l’ha convinta?
“Tante cose che si sono addizionate. Parto dalla società: ambiziosa, solida e che negli ultimi anni ha fatto sempre il suo tra A1 e A2 e che vuole provare subito a puntare al bersaglio grosso, arrivando il più in alto possibile. Personalmente, dopo aver vissuto quattro anni in un solo anno sportivo, questa chiamata è motivo di sfida, perché torno a fare quello che ho fatto per 7 anni in A2 ma facendolo per provare a vincere il campionato, cosa che oggettivamente non ho mai fatto e poi c’è il peso del coach, che è stato il primo con il quale ho collaborato a livello chiamiamolo professionistico, con il quale ho stretto un rapporto umano e professionale molto forte e che mi ha voluto al suo fianco”.

Torna in A2 dopo diversi anni: quanto è cambiato il campionato?
“Non si possono non fare differenze. Fondamentalmente gli ultimi due anni con la riforma dei campionati il numero delle squadre si è ristretto, alzando così il livello della competizione all’interno dello stesso girone. L’anno scorso sono salite Udine e Cantù ma sarebbero potute salire altre 3/4 squadre che non sarebbe cambiato nulla a livello di qualità delle stesse. Quest’anno ci sono altrettante realtà molto ben attrezzate: da Verona a Rieti, passando per Brindisi, Pesaro, Rimini, la Fortitudo Bologna. Ci sono poi tante squadre come Urania, Forlì, Cividale, ecco un bel novero di realtà che vogliono essere protagoniste, quindi la competitività è altissima. Ci sono poi le neopromosse come Roseto, piazza storica che ha una buona squadra e Mestre che, inaspettatamente per come aveva iniziato la passata stagione, è riuscita a salire di categoria anche grazie al lavoro ottimo di Mattia Ferrari e che ha costruito una squadra da battaglia e per come allena Mattia sarà davvero difficile batterli. In più ci saranno 7 infrasettimanali, il campionato inizia il 20 settembre, insomma le sfide sono innumerevoli”.

Lo ha citato lei: incontrerà, questa volta da avversario, Mattia Ferrari con il quale ha condiviso molto a Legnano. Quanto le fa piacere questa cosa e quanto la stimola poterlo sfidare?
“Sicuramente sarà molto piacevole rivederlo. Sportivamente parlando a Mestre ha fatto un lavoro che va oltre il fantastico. Ha una squadra con tante scommesse ma sono certo che, per come allena lui e per l’entusiasmo che c’è nel loro ambiente dopo la promozione, sarà un’avversaria tosta soprattutto nelle prime giornate dove l’onda lunga dell’anno scorso li guiderà. Ecco, per questo motivo, vorrei non incontrarlo nelle prime giornate (ride, ndr)”.

Torna a ricoprire il ruolo di assistente allenatore ad un alto livello dopo tanti anni da head coach in categorie minori quali C Gold, B Interregionale e B Nazionale. Quanto ed in cosa si sente cresciuto?
“Torno ad avere un ruolo completamente diverso rispetto a quello del capo allenatore con un bagaglio di esperienze però ricco. Posso portare tanto lavoro, tanta passione e professionalità. Rispetto a prima ho un’attenzione ed un occhio più elevato e la maturità di lasciar passare alcune cose che, nel corso di una stagione, magari sono meno importanti rispetto ad altre. Senza dubbio dovrò calarmi rapidamente in un ruolo in cui io, giustamente, non sono al centro dell’attenzione ma faccio parte di un team, dove l’ultima parola spetta al capo allenatore ed io dovrò essere bravo a centrare il focus sulla preparazione della partita”.

Ha citato prima la stagione appena conclusa: lunga, travagliata, nella quale poi i fatti hanno dimostrato che non era lei l’unico problema di una Gallarate che ha fatto tanta fatica. Come valuta il suo anno sulla panchina biancoblu?”
“Mi sono dovuto, come normale che fosse quando uno fa la scelta di subentrare, adattare a tante situazioni. Se mi guardo indietro probabilmente dico che avrei dovuto, in alcune cose, mettere un pò più il punto esclamativo e magari in altre lasciare un pò più correre. Non posso dirmi totalmente soddisfatto di tutto quello che è accaduto. Diciamo che ci sono stati tanti spaccati nell’anno solare di lavoro a Gallarate, dal mio arrivo dove erediti qualcosa che fino in fondo non è tuo ma che cerchi di far rendere al meglio ed alla fine, per due punti, non siamo andati ai playoff. La stagione successiva, in metà anno, abbiamo avuto una serie di problematiche che si sono sommate e che hanno portato, sbagliato o giusto che sia, al fatto che dovessi pagarne le conseguenze. Poi, come hai detto tu e riprendo le tue parole, l’andamento di tutto l’anno ha messo in luce come probabilmente io non fossi il problema di tutto, lo ero magari in parte ma non completamente. Questo, però, mi ha dato l’occasione di confrontarmi con il mondo del basket femminile con l’esperienza a Giussano in A2 che mi ha permesso di scoprire tante cose nuove a livello professionale ma che mi ha anche permesso di crescere a livello personale e senza dubbio il traguardo della salvezza raggiunto è qualcosa di molto bello che mi porterò sempre nel cuore. E’ stato, questo, l’esempio massimo di come dai momenti negativi possano nascere opportunità bellissime”.

Arrivato al suo ventesimo anno da allenatore, come vede questa tappa in A2 con Scafati nel suo percorso professionale?
“La vedo come l’anello di congiunzione al quale volevo assolutamente arrivare. Ho fatto tantissimi anni di gavetta in tutte le categorie facendo tutto senza alcun tipo di vergogna ma anzi credo sia un vanto aver vissuto esperienze in tutti i campionati. Ora sono arrivato ad un punto in cui devo cercare di costruire una nicchia chiara per quella che è la mia ambizione e per ciò che il nostro lavoro ci offre”.

Alessandro Burin
Foto di Pietro Milani

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