Date a Mandole quel che è di Mandole. Dategli il giusto riconoscimento di non aver mollato anche quando forse, farlo, sarebbe stata la scelta più logica e ragionevole.
Dategli il giusto riconoscimento di non aver mollato anche quando sembrava evidente che con la squadra si fosse rotto qualcosa (e parliamo della trasferta del PalaRadi contro Cremona), dategli il giusto riconoscimento del non aver mai sottratto la faccia alle domande dei giornalisti, alle critiche ed ai fischi plateali dei tifosi. Dategli il giusto merito di aver continuato a lavorare in barba a tutto e seguendo i suoi principi e il credo nel suo lavoro che ora sta dando i primi frutti.
Perché l’analisi giusta è sempre quella oggettiva e che segue i fatti: sia essa poi dura e critica nel momento in cui le cose vanno male, sempre nei limiti del rispetto e fatta con costruttività, e ne diventi invece positiva e di elogio quando l’unico giudice insindacabile nello sport emette una sentenza diversa dalla sconfitta: ovvero la vittoria.
Perché che lo si voglia o no fare sport vuol dire essere in maniera assolutamente inscindibile legati ai risultati e sarebbe sbagliato ed ingiusto, in questo momento, non dare i giusti meriti a coach Mandole che con Treviso ha centrato la terza vittoria consecutiva, portando la squadra in acque tranquille a quota 12 punti ed all’11esimo posto in campionato.
Una striscia di vittorie frutto di una crescita costante che Varese ha avuto nelle ultime settimane, frutto dell’arrivo di quel normalizzatore che è Desonta Bradford, che ha cambiato gli equilibri di questa squadra, portando quella regolarità che mancava nelle giocate e nella gestione della palla, riuscendo così ad esaltare il resto del contesto. Un filotto frutto di una crescita organica di squadra, che passa in maniera indelebile dalle giocate di Hands, finalmente leader e giocatore a tutto tondo e non solo scorer (seppur in mezzo a tante ancora cavolate palla in mano), dalla totalità di Alviti e dalla matematica di Johnson, che dice che quando lui gioca bene Varese vince. E poi c’è san Tyus, che nelle ultime due settimane ha messo in mostra quella qualità e solidità che ne ha contrassegnato la carriera.
Tutti uniti sotto l’ala di coach Mandole, che ha continuato a lavorare anche nel momento più difficile, quando anche lui era stato preso dallo sconforto di una situazione davvero tragica, sportivamente parlando. Ed invece con il lavoro e soprattutto con la testa sempre alta, pronta a non nascondersi dietro scuse o frasi fatte, ha continuato a lavorare cercando il bandolo di una matassa che ora inizia a sbrogliarsi e che a Pistoia può trovare la definitiva consacrazione, pur in mezzo ai limiti che rimangono tanti di questo gruppo; pur in mezzo alle scelte più che discutibili come il non fare fallo per due volte consecutive sull’ultimo tiro tra Napoli e ieri sera; pur in mezzo a quei blackout da ufficio inchieste che rischiano sempre di mettere a repentaglio tutto; pur in mezzo ad una bufera che rischiava di spazzare via la Pallacanestro Varese e dalla quale, forse, la squadra è finalmente uscita, pronta a scrivere una nuova pagina della sua stagione in questo girone di ritorno dove Mandole non vuole più mollare quello che oggi è giusto dargli.
Alessandro Burin