Questione di feeling” cantavano Riccardo Cocciante e Mina nel brano musicale uscito nel 2006 parlando di una complicità innata tra due persone, il cui legame va oltre le parole e le convenzioni sociali. Un qualcosa che oggi si rivede perfettamente nel rapporto tra la Pallacanestro Varese, intesa come società, tifoseria e mondo che le ruota intorno e coach Ioannis Kastritis.

Questione di feeling, nella capacità di ritrovarsi in brevissimo tempo sulla stessa direttrice che ha sempre contraddistinto l’anima versa, sportiva, di questo club e le idee del suo coach, in un modo di intendere il basket fatto di sacrificio, passione, garra, voglia ed intensità agonistica.

Questione di feeling, di sensazioni che a pelle senti e che ti trasmette poi ciò che vedi, sviluppato in un sacrificio tecnico e fisico che torna a farsi prepotente e che riporta a sviluppare quel senso incredibile di orgoglio e appartenenza anche nel momento della sconfitta.

Questione di feeling, certo, ma anche di cultura, quella che Kastritis ha instillato in un gruppo ormai alla deriva sconvolgendone l’essere, cambiandone i connotati e l’identità, riuscendo a ricostruire un qualcosa che in un anno e mezzo sembrava ormai perso sotto la stella di una filosofia sportiva troppo lontana da quello che è e che è sempre stata la Pallacanestro Varese, a maggior ragione in questo momento storico per il club biancorosso. Una cultura improntata sul senso di appartenenza, sul valore della fatica, sul sudore, sulla fame, ma anche su concetti ben più concreti come l’applicazione difensiva, l’impatto fisico, la corsa e la circolazione di palla.

Una cultura che fin dal principio ha legato il noi, inteso come squadra, società e tifoseria ad un unico destino comune e che non ha mai lasciato spazio all’esaltazione del singolo, perché esercizio che avrebbe potuto rompere l’equilibrio di gruppo, considerato come sacro, anche a costo di scelte all’apparenza impopolari (come quella di fare fuori Nino Johnson pur rimanendo con un buco nel ruolo di 4 per diverse settimane).

Questione di feeling, di sensazioni, ancora una volta, di convinzioni, nel proprio lavoro ed in quella cultura che è stata la direttrice anche nei momenti più bui, con la calma e la sicurezza di un uomo che ha saputo caricarsi sulle spalle il peso di tutto il destino di un popolo, portandolo sempre però con apparente leggerezza e serenità, forte di un credo nel lavoro e nei valori che lo guidano che hanno poi centrato il risultato.

Questione di feeling, di cultura, di un rapporto sbocciato in amore che segna l’ennesima salvezza (ormai praticamente acquisita) della Pallacanestro Varese che ha saputo trovare a metà stagione un nuovo condottiero facendo un passo indietro per farne molti di più in avanti: la persona giusta al posto giusto, in un rapporto in grado di trovare quella complicità innata tra due persone, il cui legame va oltre le parole e le convenzioni sociali di cui cantavano Cocciante e Mina e che oggi è ciò che anima il nuovo corso Kastritis in casa Pallacanestro Varese pronto a continuare anche in futuro.

Alessandro Burin

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