E’ ormai svanito l’effetto sorpresa in casa Pallacanestro Varese. Quell’imprevedibilità del gioco biancorosso che aveva segnato il solco nella prima stagione del nuovo corso varesino, quella degli Immarcabili e che, per certi versi, si era rivista anche nella passata stagione dopo l’arrivo della coppia Mannion-Spencer che cambiò le carte in regola, quest’anno sembra ormai essersi smarrita.
Gli avversari dei biancorossi sanno benissimo come andare a contrattaccare al modo di fare basket di Varese e di esempi ne abbiamo molteplici: partendo da sabato quando, per parola degli stessi interessati (Poeta in conferenza stampa ad esempio) il piano partita per fermare i biancorossi era molto chiaro, ovvero mettere un uomo fisso sul primo produttore di gioco biancorosso (Rivers faccia a faccia con Hands), sfruttare il gioco in post basso (Bilan che ogni volta che vede Varese ritocca i propri record personali) e, quando necessario, interrompere il prima possibile la striscia di canestri bosini, non lasciandogli costruire break.
A differenza del solito, sabato Brescia ha battuto Varese giocando anche sul suo terreno di gioco, quello dell’alto ritmo e delle tante transizioni veloci che, di contralto, in casa biancorossa non si sono minimante viste. Ma se Brescia si pensa possa essere un caso isolato non è così, perché basti tornare alle sfide interne con Tortona, oppure quella con Trapani, partite in cui sono bastate un paio di mosse (come alzare la fisicità della contesa) per mettere in tilt un sistema monocorde che basa la sua filosofia su assiomi ormai chiari a tutti e quindi molto più preventivabili e facili da contrastare.
Ed allora per rendere efficace un sistema di gioco che non prevede deroghe o novità, che segue sempre lo stesso filone indipendentemente dalla necessità del momento nella singola partita (come poteva essere trovare pensare una difesa diversa per provare a contenere la velocità e la fisicità di Brescia) e che anche per questo probabilmente non riesce più ad essere così pungente come prima, serve che venga eseguito al massimo della sua potenzialità per mettere in crisi paini partita chiari e definiti che ogni avversario di Varese ha ormai capito come applicare.
Il problema è che in questo momento Varese pare essersi persa in sé stessa, tra una squadra che vuole dare spettacolo in attacco ed una che invece cerca come primo punto della propria identità una solidità difensiva che non le appartiene. Un limbo dal quale ne fuoriesce un cortocircuito che manda in tilt tutto il sistema, prima ancora nella testa che poi nelle gambe e nella sua applicazione.
Ed allora si capisce come ci sia una ripetizione continua degli errori, come nonostante si sappia in quale punto l’avversario andrà a colpire si va avanti a non curare magari quella determinata situazione in ossequio al credo che il sistema sia la via di risoluzione di tutti i mali, quelli di una squadra che ha cambiato sembianze più volte nel corso della stagione senza mai riuscire a trovare la propria, quella di una squadra che arrivata al 28 gennaio si ritrova ancora vittima di quei problemi che si trascina da inizio stagione che non riesce a risolvere, perché forse insiti in quel sistema che dei problemi, viene considerato la soluzione, anche se poi i fatti ed i numeri stanno dicendo tutt’altro e lo stanno dicendo da ormai più di una stagione.
Alessandro Burin