Il Maestro di Karate e Parakarate e Presidente della Ckoss Polihandy di Oggiona Rolando Gaido ci racconta le gare svolte e le medaglie vinte dai suoi allievi ai Play the Games di Special Olympics di Collecchio, soffermandosi sull’importanza della figura del tutor in relazione alle competizioni di atleti affetti da disabilità di vario genere.

Maestro Gaido, in cosa consistevano queste gare?
“Queste Special Olympics erano riservate solo ai disabili intellettivi e comprendevano tutte le discipline sportive; noi abbiamo portato solo i karateka affetti da sindrome di down ed i ragazzi autistici. I miei allievi hanno svolto solo le prove di katà ed abbiamo gareggiato anche in quella del katà a squadre”.

Quali traguardi avete raggiunto?
“Mattia Allesina ha vinto l’oro nella categoria livello sette, Daniele Montanari l’argento nella categoria livello sette, Patrick Buwalda l’oro nella categoria livello sei; Paolo Poggesi l’oro nella categoria livello sette ragazzi autistici, nella K21; Francesco Brando, dieci anni, l’oro, nella categoria livello uno, riservata ai disabili più gravi affetti da sindrome di down e dall’autismo; Brando ha svolto il katà con il tutor; Massimo Temporari ha vinto l’oro nelle categoria livello due riservata ai deficit intellettivi gravi. Giannantonio Sablich ha conquistato l’oro nei Junior categoria livello sette. Noi della Ckoss Polihandy di Oggiona siamo arrivati primi con 170 punti nella gara di katà a squadre, sia maschile che femminile, a seguire la società Locride Girasoli, con 80 punti, proveniente dalla Calabria, e il terzo posto è stato raggiunto dalla Polisportiva lodigiana Nolimiz. Nelle gare di katà a squadre, il nostro gruppo maschile era formato da Allesina, Buwalda e da Montanari, mentre il nostro femminile invece da Pillon e da Beretta; questi nostri parakarateka gareggiavano nella K22, riservata ai ragazzi affetti da sindrome di Down”.

Come il Karate può aiutare i ragazzi autistici?
“Il fatto che il Karate sia uno sport individuale e che i ragazzi autistici gareggino da soli o singolarmente può in loro far aumentare la propria autostima”.

Come può invece giovare ai casi di disabilità intellettive più gravi?
“Soprattutto nella socializzazione e nel relazionarsi con gli altri, a volte può essere utile anche a farli vivere la realtà attuale stando fuori all’aria aperta”.

Qual è il ruolo del tutor?
“Il tutor entra sul tatami e aiuta l’atleta con disabilità intellettive gravi, nel caso non riuscisse a completare l’esercizio o la prova richiesta, oppure svolge il katà insieme a lui. In queste gare io ho fatto da tutor a Brando e Temporari ha fatto da tutor a Paolo Poggesi”.

Quali katà avete dimostrato?
“Montanari il “Kanku sho”, Poggesi il “Gojushiho Dai”, Allesina il “Kishimoto no kushanku”, Buwalda il “Go ju sho dai”, Sablich il “Jion”, mentre Temporari e Brando hanno svolto solo le prove di kyon o tecniche fondamentali del Karate; Valeria Pillon ed Elisa Beretta hanno entrambe svolto il katà “Gojushiho Sho”.

Come avete gestito emotivamente le gare?
“Sono state abbastanza impegnative soprattutto a causa del gran caldo; abbiamo così stabilito che sarebbero entrati in palestra solo i parakarateka che avrebbero dovuto gareggiare, mentre gli altri, per poter godere di un po’ di fresco, avrebbero potuto anche attendere all’esterno; i risultati conseguiti dimostrano che abbiamo un grande team di atleti che sono in grado di svolgere molti katà. Nel complesso, ci impegniamo sempre nello svolgimento di diverse tipologie di katà”.

Obiettivi futuri?
“L’affinamento ulteriore della tecnica nello svolgimento di questi katà che dimostriamo in gara, allo scopo di prepararci al meglio in vista del prossimo mondiale di Karate e Parakarate in Egitto”.

Nabil Morcos

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