Il dado è tratto. Dopo 36 ore di incubazione dovute (in parte) al rispetto del grave incidente occorso al termine del derby con il Novara, il nodo è stato sciolto (anche se il silenzio societario dovrebbe permanere). Nel match di sabato con l’AlbinoLeffe (ore 15, stadio “Speroni”), la panchina della Pro Patria vedrà infatti il secondo esordio come allenatore ad interim di Massimo Sala. All’attuale tecnico dell’Under 17 biancoblu (tornato a Busto come collaboratore nel giugno 2023 dopo una fugace esperienza al Seregno), è stata affidata la missione di evitare la retrocessione. Con qualsiasi mezzo (oggi il club tigrotto scanserebbe la Serie D diretta centrando i playout per un solo punto). Un dejà-vu controverso nella tempistica il cui rinvio di almeno un mese ha lasciato Riccardo Colombo in un limbo da cinque sconfitte consecutive. Una zavorra (forse) irreversibile ben più pesante di quella ereditata dallo stesso Sala nel marzo del 2022 quando la gestione priniana fu corretta da una performance di 16 punti nelle ultime 9 giornate. Uno scatto bruciante che condusse addirittura i playoff. L’attualità è molto meno incoraggiante vista la penultima moneta ed una striscia di 15 gare senza vittorie. Per inciso, in deroga causa mancanza di patentino, l’eccezione verrà sanata nelle prossime settimane con l’affiancamento di un allenatore provvisto di abilitazione.
Brivido Riccardo
Quanto alla separazione dal fagnanese, la formula è quella delle dimissioni. Rassegnate nell’immediatezza della sconfitta del “Piola” e accompagnate dall’addio anche ai vice Beppe Le Noci e Giovanni Fietta. L’ormai ex allenatore biancoblu (a prescindere dalla contingenza, per sempre una bandiera del club) si è congedato con comprovato stile: “Ho sempre voluto il meglio per questi colori, ho cercato di dare tutto alla squadra e ho messo tutto me stesso in questa avventura. Ho commesso i miei errori, ma ho sempre messo il cuore in quello che ho fatto“. Le sue reali responsabilità? In estrema sintesi e facendo riferimento alla sola comunicazione, ne isoliamo tre. Non aver valorizzato appieno la straordinaria salvezza della stagione passata sottolineando invece spesso il rimpianto dei playoff sfumati (appendice che non avrebbe aggiunto nulla al risultato sportivo). Aver inseguito un calcio più propositivo non nelle corde del gruppo e alieno all’obiettivo mantenimento della categoria. Infine non aver ammesso (quantomeno all’esterno) le gravi difficoltà della squadra. A partire dagli infortuni a nastro che ne hanno svilito le potenzialità. Ripetere a più riprese “L’anno scorso ero più preoccupato. Ora vedo una squadra viva” si è rivelato un fatale autogol. Oltre che una rappresentazione poco fedele della realtà.
Presto che è tardi
A riprova dell’assunto di cui sopra, il 21 dicembre nel post partita di Meda con il Renate, Sandro Turotti non aveva speso una parola a difesa della guida tecnica. Anzi, aveva esplicitamente messo giocatori e panchina sul comune banco degli imputati (“Il calcio di Serie C è questo. Non bisogna inventarsi niente”). Chiaro come il Biellese avesse già da allora preso la determinazione di cambiare l’allenatore. Mossa poi rientrata durante la pausa natalizia. Per ragioni che (qualunque fossero), hanno alimentato un cortocircuito decisionale (in)utile solo a penalizzare ulteriormente la squadra.
Giovanni Castiglioni