Da salvatore a problema il passo è stato davvero breve per Keifer Sykes. Il playmaker americano, infatti, arrivato a Varese per prendere il posto di Nico Mannion, finora non ha assolutamente rispetto le attese che c’erano su di lui anche se probabilmente, il problema più grande, è stato proprio farsi certe aspettative su questo giocatore.

Il perché è presto spiegato ed è già stato ribadito e sottolineato più volte: Sykes è stato preso nel ricordo di quel giocatore devastante che 5-6 anni fa (lo sottolineiamo 5-6 anni fa!) aveva fatto faville in Italia con le maglie di Avellino e di Milano, condividendo quest’ultima esperienza con Luis Scola.

Il problema vero (e ripetiamo il termine problema non a caso) è che in tutto questo lasso di tempo di cose ne cambiano parecchie nella carriera di un giocatore, così com’è stato per il buon Keifer che, fin dalla sua presentazione, ha messo in chiaro come avesse deciso scientemente di uscire dal giro del basket europeo per riavvicinarsi alla famiglia, andando così a giocare in G-League negli ultimi due anni.

Una chiara ed evidente scelta di vita messa davanti a quelle professionali, accantonate per dare più spazio agli affetti familiari. Chiaramente questo ha portato nella testa e nel fisico del giocatore una minor tensione rispetto a quella a cui sono sottoposti tutti quei giocatori che, soprattutto in Europa, sono sottoposti, a maggior ragione quando gli viene assegnato il ruolo di cervello e metronomo della squadra di appartenenza.

Non bastasse questo? Sykes è stato preso a stagione in corso dopo 8 mesi di stop (ed anche qui il periodo di tempo andrebbe più che sottolineato) dandogli il ruolo di sostituto di Mannion, giocatore completamente differente per età, fame e prospettive (quelle di rilancio) con cui era arrivato lo scorso anno ai piedi del Sacro Monte e l’impatto, infatti, fu completamente diverso.

Fin da subito è apparso chiaro ed evidente come Sykes avesse bisogno di tempo, tanto, per entrare in forma e nemmeno due settimane di pausa per la Nazionale bastarono per rimetterlo in forma, visto il disastro di Reggio Emilia ed il conseguente infortunio che per un mese lo ha lasciato ai box.

Lento, scollegato con il ritmo e le esigenze del gioco biancorosso, la cui manovra in mano a Sykes, tolti gli sprazzi con Venezia e la buona partita con Milano in casa, si è fortemente rallentata mettendo in evidenza tutte le difficoltà del playmaker.

Ancor più impressionante è il confronto con un giocatore come Bradford, non certo un fenomeno, ma semplicemente in attività con la testa e con le gambe e che fin da subito è stato un fattore positivo per Varese, risultando determinante per le tre vittorie consecutive con cui Varese, al momento, si sta tenendo a distanza dalla zona retrocessione.

Così, dopo l’ennesima prestazione da dimenticare di Sykes, quella con Milano di domenica (la più giustificabile tenendo conto del mese di stop da cui arrivava) e con le tre settimane di pausa del campionato tra Coppa Italia e Nazionale che si apprestano ad arrivare, si apre il tema su quanto sia davvero giusto affidare ancora la squadra in mano a Keifer, che tra l’altro è apparso visibilmente incompatibile con Hands, che lo si voglia o no miglior marcatore biancorosso.

Il vero problema rimane economico vista la somma (circa 25.000 dollari al mese) che percepirebbe il giocatore da qui alla fine dell’anno e che renderebbero un taglio quanto mai sanguinoso per le casse biancorosse, ma è anche vero che, pur di salvare la pelle, un sacrificio economico a volte è più che giustificato. Sempre, poi, che Sykes già a partire dal match di domenica con Trento non smentisca tutti e svolti finalmente la sua stagione e quella di Varese, altrimenti destinata a sprofondare.

Alessandro Burin

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