
Dalla Puglia alla Lombardia, da Lecce a Milano, quindi a Varese. Di strada ne ha fatta Francesco Tornese per inseguire il sogno di diventare un giocatore di basket, in quella che è una passione nata per caso e che giorno dopo giorno, ne ha riempito ogni singolo istante senza mollarlo mai.
Un’amore per questo sport che si sta trasformando sempre di più in un lavoro vero e proprio e che da quest’estate si sta sviluppando ai piedi del Sacro Monte, tra le fila di Varese Basketball.
Come nasce la sua passione per la pallacanestro?
“In maniera molto casuale. Ho iniziato a Lecce: ero alla festa di compleanno di un mio amico, suo padre era allenatore e mi ha detto di provare a giocare. Negli anni sono migliorato e cresciuto e nella stagione 2021/2022 ho avuto un picco, è lì che mi sono davvero appassionato e ho iniziato a voler crescere. Oggi lo considero un lavoro, anche se ho solo 16 anni. Sono migliorato ulteriormente quando, nel 2023, sono passato a Milano”.
Com’è stata l’esperienza a Milano?
“Il primo anno è stato di ambientamento: dovevo imparare a trovare il mio spazio, giocando i minuti a disposizione, che non erano molti, e migliorando tanto. Il secondo anno, quello dell’Under 15, è stato il migliore per me e per i miei compagni: abbiamo vinto lo scudetto senza perdere una partita. L’ultimo anno è stato un po’ ad alti e bassi, non siamo nemmeno arrivati alle finali nazionali. In sintesi, però, sono cresciuto molto e non sarei qui a Varese se non fosse per loro: devo ringraziare assolutamente società e staff”.
Che emozione è stata vincere uno scudetto, seppur a livello giovanile?
“La sera in cui abbiamo vinto lo scudetto è stata, finora, la più bella della mia vita. È un traguardo che ti fa capire tutto il lavoro fatto: hai lavorato duramente per quel risultato e non solo pensi alla vittoria, ma anche alla felicità di chi ti sta intorno”.
Com’è nato il primo approccio con Varese?
“Grazie a coach Giovanni Todisco. Ci conoscevamo da diverso tempo, anche perché entrambi pugliesi: lui di Brindisi, io di Lecce. C’è sempre stato un ottimo rapporto e questo ha facilitato tutto fin da subito”.
Che realtà ha trovato in biancorosso?
“Fin da subito mi sono sentito a mio agio. È vero che ero già abituato a vivere in foresteria, però non è facile trovarsi così bene in così poco tempo. Qui ci aiutiamo tutti, il clima è ottimo sia in campo che in foresteria, ed è una cosa da non sottovalutare.
Il livello di lavoro è molto alto: io sono venuto qui per lavorare e raggiungere il mio massimo potenziale negli anni delle giovanili, e in soli due mesi e mezzo/tre mi rendo conto di essere migliorato in diversi aspetti.
Mi piace molto come si lavora, con grande intensità, e tutti gli allenatori sono attenti al 100% in ogni momento. Non ci sono distrazioni”.
Cosa ne pensa del discorso NIL e della possibilità di andare in America per formarsi come giocatore e come uomo?
“Il mondo dei College è spettacolare: non solo danno grande visibilità, ma aiutano i giocatori a crescere in modo impressionante. Lo sport in America è considerato importantissimo. Il mio obiettivo è provarci: è una delle esperienze più belle che si possano fare, perché studi all’Università, hai una borsa di studio, giochi e migliori tantissimo.
A me piacerebbe moltissimo finire l’Under 19 e andare subito al College, oppure provare un anno in Serie A dopo l’U19, come sta facendo Assui, per dimostrare di poter stare in campo e avere maggiore visibilità”.
Alessandro Burin






















