Tifare per una squadra e avere la possibilità di farne parte ogni giorno è il sogno di qualsiasi ragazzino che inizia a fare sport. Per raggiungere però quell’obiettivo ci vogliono costanza, passione ed anche una buona dose di talento. Tutte qualità che appartengono a Gabriele Turconi, classe 2008, cresciuto nella PVL Luino, parte di una famiglia tifosissima della Pallacanestro Varese e che oggi di quel mondo ne fa parte.

Come nasce la sua passione per la pallacanestro?
“Nasce grazie ad una manifestazione di basket che facevano a Luino: vedevo mio papà, mio fratello ed altri giocare e mi sono subito innamorato di questo sport, tant’è che alla scuola materna tutti i bambini giocavano a calcio mentre io giocavo a basket”.

Luino che poi è stata la tua prima squadra…
“In realtà gioco gli anni del primo minibasket a Verbano, prima che poi si fondesse con Luino, dove ho fatto aquilotti ed Esordienti prima del Covid-19, poi è arrivata la chiamata della Pallacanestro Varese”.

Com’è avvenuto questo passaggio?
“Avevano chiamato me ed altri miei compagni per andare a provare, per me non era la prima volta avendo già fatto dei provini con la Robur Et Fides e con Olimpia Milano ma fui io a non voler lasciare Luino perché la mia prima scelta era la Pallacanestro Varese, anche perché tutta la mia famiglia ne è tifosa e quando mi hanno preso è stato bellissimo”.

Com’è stato il primo approccio con il mondo biancorosso?
“Stupendo. Tieni conto che in Under 14 ci allenavamo sempre al palazzetto di Masnago, un sogno per me. L’anno dopo, in Under 15, ci siamo spostati, a livello di allenamenti al Campus, una struttura eccezionale. Quell’anno per me fu importantissimo perché poi sono stato spostato in Under 17, giocando due anni sotto età”.

Come ha vissuto questa situazione di giocare con ragazzi più grandi?
“L’ho vissuta in maniera molto tranquilla. Non ho mai cambiato il mio modo di lavorare, anche se ammetto che l’approccio con il mondo Pallacanestro Varese non è stato facile, visto che le richieste ed il livello di basket qui sono elevatissimi. Devo dire però che sono riuscito a prendere subito il giusto ritmo ed integrarmi al meglio”.

Come ha vissuto l’esperienza delle Finali Nazionali U17 della passata stagione?
“E’ stato molto divertente. In campo il livello di gioco era veramente alto ma ciò che più mi ha segnato è stata l’esperienza umana: vivere una competizione così con i compagni, fare gruppo, sono cose che ti segnano, in positivo, e ti fanno crescere”.

Quest’anno, poi, è arrivato un infortunio pesante al polso destro. Come sta adesso?
“Ora sto bene, ho recuperato e sono pronto a tornare in campo. Non mi sono lasciato abbattere dall’infortunio, è il mio carattere. Lunedì mi son rotto il polso e martedì ero già in campo per allenarmi nel limite del possibile. Dopo poco tempo ho ripreso il lavoro con la palla e ora sono pronto a tornare in campo”.

A questo episodio sfortunato, però, se ne affianca uno dei più belli, ovvero la convocazione con la Prima Squadra nella trasferta di Trieste…
“Un sogno che si realizza. La cosa più emozionante è stata accompagnare per mano un bambino del minibasket di Trieste in mezzo al campo, come capitò a me esattamente 7 anni prima. Qualcosa che porterò sempre nel cuore”.

Qual è il suo giocatore di riferimento di questa Pallacanestro Varese?
“Elisee Assui”.

Perchè?
“Perché è l’esempio di come il lavoro duro paghi sempre. Dopo di lui metto Matteo Librizzi”.

Il suo idolo invece?
“Fino a qualche tempo fa Sergio Rodriguez, ora Shai Gilgeous – Alexander”.

Quali obiettivi si pone da qui ai prossimi 2-3 anni?
“Di continuare a crescere in maniera costante e di raggiungere il più alto livello possibile”.

Alessandro Burin

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