GRAZIE! A tutti Voi. Genitori, parenti, nonni, baby sitter e tutti coloro che, a diverso titolo, accompagnano e sostengono i Piccoli Amici ed i Pulcini biancorossi.
Ma un GRAZIE tutto particolare lo rivolgo ai “nostri” bambini, al loro entusiasmo, alla loro instancabile voglia di giocare, volare, correre, esultare. Friederick Schiller, filosofo illuminista, definiva il gioco “istinto di bellezza”. E quanta ne vediamo e continueremo a vedere sul sintetico “Speroni”. Le due facce del Gioco del Calcio. Da una parte i bambini, i loro sogni, un pallone che diventa il centro dell’Universo, le grida, le risate, il pianto perché “non mi passano la palla”, la gioia per il goal nella partitella. Dall’altra, sul “Campo Grande”, i giocatori veri, la realizzazione del sogno, ciò che potrebbe accadere. Si. Solo a Varese può succedere che calciatori affermati rientrino in spogliatoio palleggiando con i bambini. È una magia. La stessa che ha permesso all’A.S.VARESE 1910, fondata nel 2004 dopo il fallimento del precedente VARESE F.C., di ritrovarsi, in breve tempo, a militare in Serie B. Il nostro indimenticabile Mister Beppe Sannino, artefice di un piccolo miracolo, era solito dire “È sempre e solo una partita di calcio”. Fino a poco tempo fa. È stata sufficiente una stagione maledetta, un anno sportivo da incubo per la prima squadra, per mandare tutto in frantumi. Gli amiconi di ieri si trasformano nei cecchini di oggi, l’incoraggiamento muta in insulto, la pelle biancorossa imputridisce e penzola come lebbra da lazzaretto. Il Re è nudo. Siamo come tutti gli italioti calcio-dipendenti. Non sappiamo accettare la sconfitta. È impossibile pensare che si perda perché qualcuno ci è superiore, perché, sportivamente, è più attrezzato. Ed ecco, allora, i filosofi un tanto al chilo, i commentatori da libro Cuore, gli specialisti delle gestioni societarie. Ed io mi arrendo. Faccio un passo indietro. Lascio spazio a chi ne sa di più. Brian Clough, leggendario allenatore del Derby County a cavallo tra gli anni ‘60 e ’70, decise di accettare di allenare la squadra che odiava di più, il Leeds United. Esattamente come continuerò a fare io. Odio e amore. Amo alla follia i colori biancorossi tanto quanto odio il contorno di saccenteria che circonda la cittadella del Franco Ossola. Sempre e solo una partita di Calcio. Per i nostri bimbi, i mister e tutto lo staff biancorosso dalla Scuola Calcio al Settore Giovanile lo è sempre. Una lunga, splendida, interminabile partita. E con loro i genitori, a volte considerati l’anello debole della catena sportivo-educativa. In questi dieci anni di vita sportiva abbiamo ricevuto diverse attestazioni di stima per il comportamento e l’educazione mostrata da giocatori e genitori durante i numerosi tornei e partite alle quali abbiamo preso parte. E ciò ci riempie di orgoglio. Perché questo è il nostro concetto di vittoria. Realizzare un goal in più o in meno è marginale. La soddisfazione più grande è la consapevolezza di trasmettere i giusti valori, contribuire a creare il gruppo, gratificare un bambino ed accrescerne l’autostima, cosi che sarà un bimbo migliore in tutto, non solo perché calcia un pallone. Sopportando la condiscendenza di responsabili di squadre minori in tutto, anche nel buio della loro mente, che ci bollano come falliti, in procinto di sparire, dei walking dead. Ma a noi poco importa. Noi lavoriamo per costruire, per trasmettere la passione per il gioco del calcio, per l’attività motoria in generale. Non importa se un nostro bimbo poi andrà a giocare a basket, a pallavolo, danzerà, nuoterà, scierà. Ciò che conta è che pratichi attività sportiva, perché lo sport educa al rispetto delle regole, di se stessi e degli altri. Noi saremo felici se lo avremo educato allo sport. Se poi qualcuno arriverà in Serie A, beh, allora dovrà portare la propria maglietta a Mister Caccia che fa collezione. Leggete il cartello appeso all’ingresso del nostro campo di gioco. È il nostro stemma, il nostro Vangelo. La via è tracciata. Le chiacchiere le lasciamo a quelli intelligenti.

Marco Caccianiga