Nemmeno il tempo di guardarsi alle spalle, che il campionato è già finito. Nemmeno il tempo di ripensare a quella chiacchierata fatta con Stefano Coppa, Presidente della Pallacanestro Varese (eravamo alla metà esatta di gennaio), che il tempo, maledetto, in questi 111 giorni si è già mangiato tutto: speranze, ambizioni, progetti e sogni cullati, in quel freddo pomeriggio di gennaio, dal numero uno della società biancorossa. Si parlava, allora, di una Openjobmetis pronta a ricominciare il girone di ritorno, quello che nella “concreta immaginazione” di Stefano avrebbe dovuto rilanciare in modo potente Diawara e compagni. Invece, il tempo, nella sua veste più bieca e crudele si è divorato tutto e nel corso di una difficile digestione ha sputato fuori rifiuti dei quali il buon Coppa avrebbe fatto volentieri a meno.
«Ricordo bene quell’intervista e soprattutto ricordo bene il mio stato d’animo. Ero sollevato, ottimista e convinto che proprio il fattore tempo avrebbe lavorato a nostro favore e sarebbe stato dalla nostra parte. Del resto -mi chiede il Presidente del club varesino-, puoi darmi torto? I ragazzi avevano appena vinto, giocando molto bene, ad Avellino. La squadra mi sembrava fosse in decisa risalita, il gruppo dopo la bruttissima sconfitta casalinga contro Pistoia aveva ripreso fiducia e colore e da poche ore avevamo ricevuto l’ok di Maynor , giocatore che nelle premesse evidenziate prima del suo arrivo ci avrebbe dato quel “passo” in regia che, per molte ragioni, non era nelle corde di Dawan Robinson. Di fatto, ogni pedina del puzzle sembrava pronta per raggiungere il suo incastro».

Poi, invece, nel giro di un mese esatto (15 febbraio, gara persa a Reggio Emilia), il gruppo di Pozzecco va incontro ad una clamorosa implosione: riesci, una volta per tutta a spiegarne i motivi?
«Ci provo, pur consapevole che dietro a certi comportamenti non è mai possibile identificare precise motivazioni. Comunque… I ricordi di quel periodo mi conducono immediatamente verso l’infortunio capitato a Diawara, con Kuba fuori causa praticamente per quattro partite -Cantù, Pesaro, Reggio Emilia e Venezia (solo 6 minuti di gioco ndr)-, guarda caso quattro sconfitte. Poi il rientro, ovviamente non al massimo della forma di Kangur. Poi la pesantissima rinuncia a Robinson, uomo da 16 punti e 4 assist per gara. Infine, ulteriore guaio, ultimo tuono di un temporale che sembrava non dovesse avere mai fine, la questione Pozzecco-Vescovi, una brutta storia che ha provocato disagio nel gruppo dei giocatori».

Stefano Coppa, a questo punto, mi fa una cronistoria dettagliatissima della vicenda e, quasi ora per ora, mi racconta gli avvenimenti. Un’agenda che nella sua completezza vi eviterò, ma il cui succo, in definitiva, è uno solo: «Tra Gianmarco e Cecco -continua Coppa-, si è arrivati lentamente, ma inesorabilmente al duello finale di quei giorni che, in precedenza, era già stato scandito da diverse scaramucce, reciproche accuse e invasioni di campo ed un clima di tensione che di sicuro non agevolava il lavoro della squadra tecnica. Un’atmosfera che, in parte, avevo già colto e che, confidando nella sensibilità dei soggetti coinvolti, speravo e pensavo di spersonalizzare».

Come?
«In quel periodo tagliando, medicando, lavorando di cesello e di diplomazia in diverse occasioni avevo chiesto a tutti i due di accantonare gli scontri sul piano personale e, visto il momento delicatissimo, ragionare solo in ottica di squadra. Sottolineo con forza, ed il Consiglio d’Amministrazione e i Consorziati me ne sono testimoni, che le ho provate davvero tutte per far arrivare la “barca” Openjobmetis in porto con tutti i suoi effettivi. Purtroppo però anche l’ultima mossa tentata, convocare un CdA ed invitare Pozzecco e Vescovi, è finita nel nulla perché Cecco nel frattempo aveva annunciato le sue dimissioni irrevocabili e ormai arroccato sulle sue posizioni aveva scelto di non presentarsi. Senza peraltro fornire spiegazioni».

A quel punto, siamo quasi al presente, che succede?01.Cantù-Openjobmetis Varese. Coppa e Vescovi provano a stemperare la tensione prima del match
«Succede che Pozzecco, senza più Cecco nei paraggi, pare a tutti più sereno, determinato e convinto di avere la squadra nelle sue mani. In realtà a sgretolare la convinzione del Poz arriva la “famosa e tragica” amichevole giocata a Casale Monferrato. In quella circostanza non sono presente, ma i miei collaboratori mi riferiscono che tra tutti i varesini presenti, quello che corre di più è l’autista del pullman. Così Gianmarco, si rende evidentemente conto che il gruppo si sta avviando verso una deriva pericolosa, mi chiama e mi comunica la sua intenzione di dimettersi. Al Poz rispondo: “Stai tranquillo, rifletti mezza giornata e sappi che, prima di rinunciare a te, proveremo mille soluzioni”. Intanto, informato il CdA, mettiamo subito in moto la macchina per la ricerca di un sostituto. Il nome più gettonato è quello di Attilio Caja, sia per la grandissima esperienza maturata in situazioni difficili, sia perché allenatore di stampo opposto a quello di Pozzecco, sia perché Caja, da vero signore, capisce il momento e si dichiara disponibile a qualsivoglia esigenza. Anche, se del caso, a rivestire il ruolo di Senior Assistant di Pozzecco. Invece Gianmarco, dopo aver pensato e ripensato a tutti gli eventi, resta fermo sulla decisione ed effettua un passo a lato, si dimette ma, come noto, si mette a totale servizio della Pallacanestro Varese».

Fuori Vescovi e Pozzecco, ti sei sentito solo e abbandonato?
«Solo no perché intorno a me ho sempre sentito la presenza del CdA e dei Consorziati: tutte persone eccellenti che, a parole e nei fatti concreti, mi hanno trasmesso fiducia, solidarietà e collaborazione. Abbandonato, un po’ sì perché, almeno in fase iniziale, mi sembrava poco corretto abbandonare lo scafo col mare in burrasca. Tuttavia, il senso di smarrimento è durato lo spazio di qualche ora anche perché, detto tra noi, le cose da fare erano tali, tante e urgenti che, davvero, non ho avuto il tempo di farmi di prendere dallo scoramento. In questo senso ci tengo a smentire le anime belle che, giusto per rovistare nel torbido, affermano che in quel periodo avrei dato pure io le dimissioni. Anzi, tutt’altro: per come sono fatto le situazioni complicate mi caricano spingendomi ad agire con maggior durezza e tempestività tenendo ancora più forte la mano sul timone. E, naturalmente, a metterci la faccia fino in fondo».

Allora restiamo in ambito marinaro: chi dello staff è rimasto sul ponte insieme a te?
«Premessa: un ringraziamento sincero va a coach Attilio Caja, che ha lavorato benissimo e, i risultati lo dimostrano, ha rivoltato in meglio la nostra stagione. Invece, per rispondere alla domanda direi che tutti hanno capito in fretta la situazione e hanno reagito in modo positivo ma, tra i tanti, credo che Max Ferraiuolo, anche per la delicatezza del suo ruolo, ne sia uscito proprio a testa alta. Max, nonostante avesse dentro chissà quali sentimenti perché legato a filo doppio a Cecco Vescovi, ha continuato a lavorare in modo egregio, con grande professionalità ed un aiuto concreto nel trovare soluzioni ai problemi».

“Caso Ponti”: ne vuoi parlare?
«Il discorso da fare sarebbe lunghissimo e articolato, ma in sintesi vorrei dire che, a conti fatti, l’intervento del dottor Ponti ha prodotto diversi effetti positivi. Ha risvegliato le coscienze, forse un po’ adagiate, di tutti noi -CdA e Consorziati-, spingendoci a riflettere su cosa fare e come fare di più per questa società. Poi, importante, le sue parole sono servite a ricompattarci intorno a quest’ultima idea. Infine, il tutto, ha ulteriormente chiarito e ribadito che il Consorzio, “startup” imitata e copia in tutta Italia, non solo ha grandissime potenzialità che vanno certamente incrementate e sviluppate, ma è comunque il soggetto che in questi anni ha garantito la vita alla Pallacanestro Varese. Detto questo, alcune espressione usate da Ponti non mi sono piaciute. Le ho trovate sbagliate, in alcuni casi eccessive -non si può parlare di “esecuzione di Vescovi” quando, nel mondo, sono in atto ben altre esecuzioni…-, in altri casi inadeguate, in altri ancora poco rispettose delle persone che compongono la nostra squadra. Un gruppo che comprende, parlo dei Consorziati, alcune tra le più belle e importante realtà imprenditoriali della zona e di personalità, vedi il CdA, che annovera personaggi di primissimo livello».

Un errore, anzi l’“errore” davvero imperdonabile della tua stagione?
«Non aver capito in tempo che Pozzecco e Vescovi, uomini con personalità che stanno ai poli opposti e che per idee e filosofia cestistica sono come acqua e olio, non potevano mai stare insieme. Come tutti mi sono fidato della scelta fatta da Cecco Vescovi l’estate scorsa. Come tutti ho vissuto i primi momenti di grande entusiasmo. Come tutti, alla fine, ho pagato. Ma, a differenza di “tutti”, riconosco e ammetto che sarei dovuto intervenire prima. Molto prima…»

Futuro?
«Lunedì 11 maggio, avremo il nostro CdA. Martedì 12 illustreremo all’Assemblea dei Consorziati risultati ottenuti, programmi a medio termine. Infine, giovedì 14 maggio, ci sarà la conferenza stampa durante la quale sarò a disposizione dei media per tutto lo scibile del 2014-2015 e le prospettive per il 2016. Però, lasciami dire, domenica sera dopo la gara contro Avellino, guarderò la classifica e sarò incazzato come una bestia. E penserò che, senza i mille problemi, senza le diecimila occasioni buttate al vento…».

Massimo Turconi