Il nuovo Varese è nato un po’ per scelta e un po’ per caso all’ultimo respiro. L’amministrazione comunale, con il sindaco Attilio Fontana e il consigliere Piero Galparoli in prima fila, hanno lavorato per diverse settimane con lo scopo di non far sparire il calcio in città. Ad essere decisivo «è stato un aperitivo» ci racconta il presidente della nuova società, Gabriele Ciavarrella. «In un pomeriggio d’agosto mi ritrovai al Pirola con il sindaco, con l’amico Galparoli e col mio socio Beppe Armocida. Le parole del primo cittadino mi colpirono e decisi di buttarmi nel progetto biancorosso».
va sulla prima pagina dell'intervistaFondatore del Gruppo Life, che comprende il poliambulatorio, il centro fitness e il Dental Life, cosa l’ha spinta a sposare il Varese?
«L’amore per questa città e anche per i varesini. Queste due cose mi hanno dato tanto. Vengo dal mondo della cura della persona e del benessere e ora voglio prendermi cura di giocatori e tifosi. Queste due cose si sposano benissimo. La mia volontà era quella di un calcio nuovo e pulito con il presupposto che dettassi io le linee guida, ed eccoci qua».
A poco più di un mese dalla nascita del Varese Calcio, qual è il suo primo bilancio?
«Assolutamente al di sopra delle aspettative, non mi aspettavo questo delirio biancorosso. Ho scoperto che la voglia che avevo io di tornare allo stadio a tifare la mia squadra ce l’hanno in tantissimi. Ho sempre seguito il Varese, a parte l’ultimo anno in cui mi ero allontanato».
Quali sono state le prime difficoltà gestionali?
«L’ostacolo più grande è stato costruire la struttura da capo. Paradossalmente avevamo presidenti e dirigenti, ma mancavano la sede, i dipendenti, le segretarie che mandassero avanti tutte le attività. Abbiamo lavorato al contrario: pian piano abbiamo messo insieme le risorse umane. Le lacune ci sono ancora, ma il puzzle sarà presto completo».
Cosa significa essere il presidente del Varese Calcio?
«Significa  far parte di un progetto che vivi in prima persona e che senti tuo. Mi sento carico di responsabilità e voglioso di arrivare lontano».
La società sa da dove riparte. Ma dove arriverà questo Varese?
«Per l’arrivo non mi pongo limiti. Sono una persona umile, ma ambiziosa. Lo sono sin da bambino, non mi piace perdere e punto sempre al podio».
Il progetto è a lunga gettata. Come si sopravvive economicamente?
«Semplicemente rispettando il budget. Non bisogna farsi trascinare nelle spese, ma rispettare la programmazione. La sopravvivenza futura dipenderà anche dalle risorse del nostro territorio e noi punteremo molto sul vivaio. I nostri giovani diventeranno la prima squadra di domani e Varese tornerà ad essere un trampolino di lancio. Questo sarebbe già un risparmio importante perché non saremmo costretti a spendere per prendere i giocatori di fuori, inoltre dal punto di vista monetario c’è all’orizzonte la costruzione di un consorzio, uno strumento che sosterrà economicamente le casse societarie».
ciavarrellaTempistiche?
«Entro la fine di settembre i mie commercialisti mi presenteranno un progetto da approvare e portare avanti e non ci fermeremo qui perché vorrei anche la partecipazione attiva dei tifosi, con un loro rappresentante ovviamente. Solo se mischieremo bene le risorse riusciremo ad arrivare lontano».
Capitolo squadra….
«Il discorso è molto semplice: quest’anno servirà per gettare le basi e la mia richiesta è stata quella di scendere in campo per vincere, nonostante questo affronteremo l’Eccellenza con grande umiltà. La nostra realtà calcistica è legata alla mia visione di impresa; sugli aspetti aziendali mantengo la lucidità. Ognuno ha il suo ruolo: a Scapini (direttore sportivo ndr) e Basile (general manager ndr) è stato dato il compito di costruire la squadra e non mi sono mai intromesso. L’unica mia richiesta è stata quella di mettere insieme un gruppo vincente».
La partenza in campionato con sei gol all’attivo promette bene, quale l’emozione più bella?
«La squadra ci ha già regalato emozioni forti. La più bella è stata la prima in casa (in amichevole contro il Caravaggio con oltre mille persone in tribuna ndr) proprio perché era la prima: viverla in prima persona è stato qualcosa di sensazionale. Anche domenica a Besozzo in casa del Verbano è stato fantastico. Vedere quel campo tutto biancorosso mi ha riempito di gioia, ma l’Ossola è l’Ossola! L’emozione più bella comunque deve ancora arrivare».

Elisa Cascioli