Può una sconfitta essere salutare? No, mai. Ma nel caso dell’1-0 di Bassano facciamo volentieri un’eccezione. Dopo aver perlustrato i sette modi peggiori di perdere una gara, al “Rino Mercante” la Pro Patria ha infatti scelto (per quanto possibile) il migliore. Lo ha fatto giocando l’unica partita attualmente nelle sue ridotte disponibilità: tosta, applicata, di sacrificio. Difficile (se non impossibile), chiedere ieri molto altro.
L’ottava sconfitta stagionale ha però portato con sè anche un paio di note negative. Partiamo da quelle onde lasciare il dolce in coda. La prima riguarda l’ennesimo infortunio. L’ultimo della serie ha colpito Alberto Marchiori a riprova del destino cinico e baro che sta ammantando l’annata tigrotta. La seconda coinvolge i soli 10 tagliandi staccati ieri nel settore ospite. Un dato allarmante, senza tanti giri di parole. Premesso che all’appello mancava anche il presidente Nitti (a differenza del sempre presente Collovati), il punto è uno e uno solo. Se Busto crede ancora alla salvezza (e al progetto societario), lo dimostri con i fatti. Uscendo finalmente dalla retorica di una passione ormai quasi esclusivamente virtuale. Il resto sono solo chiacchiere.
Esaurite le magagne, passiamo alle luci che (risultato a parte), hanno reso meno amaro il sabato sul Brenta. Il “4-3…non lo so” (copyright Stefano Sottili) con cui (per un’ora buona) Pala ha incartato la partita è stata una riedizione del casino organizzato di stampo fascettiano. Salifu falsissimo nueve (quanto a numero sulla schiena), Taino mezzala ed altre “trovate” spalle al muro sono il manifesto della necessità fatta virtù. A testimonianza che, con un allenatore di ruolo in panca dalla prima giornata, lo zero in graduatoria sarebbe stato un ricordo. Anche al netto di qualche espediente di grana grossa esibito in allenamento.
Visto poi che il tema è di stretta attualità, l’eccesso di legittima difesa con cui il tecnico trevigliese ha approcciato lo spauracchio Bassano ha radici antiche e applicazione contemporanea. Pisani a destra e un perno davanti alla linea difensiva rappresentano le prime viti girate in modalità “primo non prenderle”. Strategia senza alternative quando la classifica è quella che sappiamo. E quando si può contare su un totem come Michele Ferri. La cui prova tutta sostanza dimostra anche un’altra cosa. E cioè che la leadership non viene attribuita a tavolino. Va presa sul campo con la forza dell’esempio e del mestiere.
Per chiudere un breve inciso sul silenzio stampa. Società e squadra sanno se (e quanto) sia utile. Quindi lasciamo a loro il compito di decidere se prolungarlo o meno. Solo sarebbe consigliabile non subordinarlo al risultato sul campo. Evitando, per di più, di comunicarne la conferma via telefono a chi attendeva lumi in sala stampa. Solo dettagli, ci mancherebbe. Che fanno però la differenza.

 

RISULTATI E CLASSIFICA

Giovanni Castiglioni