Sarà anche vero che i record sono fatti per essere battuti ma farlo settimanalmente costituisce, a sua volta, un record. Nove sconfitte per aprire la stagione sono, per la Pro Patria, un primato da brividi. Senza precedenti e senza attenuanti. Se non quelle generiche. Tanto più che l’oroscopo prossimo venturo minaccia ulteriori aggiornamenti (a partire dalla trasferta di Alessandria). In attesa che la giustizia sportiva zavorri ulteriormente la classifica tigrotta, l’analisi sommaria della crisi non può che essere polarizzata su due fronti: quello tecnico e quello societario.
Partiamo dalla squadra. Il gruppo è male assortito ma non privo di qualità. Al netto degli attuali infortunati risulta però assolutamente inadeguato all’impresa necessaria per salvare la categoria. Inutile girarci intorno. In più, sono stati gettati al vento quaranta giorni (e sette gare) prima di affidare la panchina a Pala (che non è Bearzot), ma avrebbe avuto buon senso e mestiere per dare sin da subito un imprinting diverso alla stagione. Ora il lavoro di rammendo presuppone forzature e scelte al limite del naif (a partire da Salifu dietro le due punte). Compromessi inevitabili quando la coperta è corta. In queste condizioni il massimo a cui si può aspirare è lo 0-0. Sfiorato due volte, senza successo. Anche in considerazione di quel velo di rassegnazione che pare aver avvolto la formazione biancoblu. L’abitudine è il più spietato dei veleni. La Pro Patria sembra averla fatta alla sconfitta. Davvero un pessimo segnale.
Sul piano societario invece, le assenze allo stadio del presidente Nitti (impegnato in altre arene, quelle televisive) e, quantomeno in settimana al campo, la rarefazione delle presenze di Collovati, non hanno bisogno di raffinate interpretazioni. Il progressivo allontanamento dal progetto è nei fatti. E le voci di un possibile riassetto societario non si smontano certo solo a colpi di comunicati ufficiali. In questo senso il silenzio in cui il club si è chiuso da quasi venti giorni più che una necessità sembra essere un comodo rifugio.
C’è ancora spazio per uscire da questa situazione? Difficile. Quasi impossibile. Dieci lunghezze dalla salvezza e sette dalla penultima sono gap colmabili solo cominciando a fare punti subito. Non importa come. Anche perchè pensare di limitare i danni fino a dicembre (quando rientrerà qualche infortunato) o fino a gennaio (quando il mercato dovrebbe dare una mano) è una pia illusione. Allora sarà troppo tardi. Se già non lo è adesso.
Giovanni Castiglioni