Non c’è bisogno dell’immenso Francesco Guccini per ricordarmi che Luca Campani è nato fra la Via Emilia e il West. E’ Luca stesso con la sua accattivante cadenza emiliana e col suo snocciolare nomi di persone e città che muove antiche suggestioni. Prima sfrecciano via località come Montecchio, Reggio Emilia, Cavriago, Novellara. Poi giù, uno dietro l’altro, nomi di giocatori delle “minors” dell’area reggiana che, entrambi, abbiamo incontrato in una vita precedente. Tra questi anche Francesco, il suo babbo. Il fatto è che Luca Campani, nelle palestre delle serie minori, prima ci è nato seguendo il papà, poi ci è diventato grande annusando l’odore del parquet, degli spogliatoi e quello del cuoio dei palloni a spicchi.
“Pallone da basket che, ti dirò, non mi piaceva granchè. Sebbene fosse la passione di mio padre e nonostante il basket fosse presente in ogni discorso, e in ogni fine settimana, da ragazzino preferivo il calcio”.
Campani 3Quando il basket è entrato nella tua vita?
A circa 11 anni frequentando i primi corsi a Bagnolo in Piano, società in cui sono rimasto fino al 2004, anno in cui mi sono trasferito alla Benetton Treviso”.
Strano, o perlomeno inconsueto, questo salto nella Marca Trevigiana considerando che, a due passi da casa, avevi la Pallacanestro Reggiana, club riconosciuto per l’altissima qualità del suo vivaio…
“Strano, è vero, ma frutto di coincidenze e situazioni che finiscono con l’incastrarsi a vicenda. In quel periodo ero stato convocato per il Trofeo delle Regioni e un allenatore del Veneto, tra l’altro coach di Treviso, mi propose di vestire i colori biancoverdi. Per me, una bella “chance” perchè vale comunque la pena di ricordare che in quel periodo la Benetton era, anche a livello giovanile, uno dei top club italiani. A Treviso però rimasi un anno solo perchè loro volevano vincolarmi con un contratto pluriennale, mentre a me non interessava una proposta del genere. Così, pur considerando quella trevigiana un’esperienza positiva decisi di chiudere il rapporto, me ne tornai a casa e, stavolta, alla Pallacanestro Reggiana”.
A Reggio senti subito odore di serie A.
“Nel frattempo ero cresciuto anche in altezza e, quasi due metri a 15 anni, venni aggregato alla prima squadra seguendo la trafila classica: doppio allenamento tra giovanili e serie A e pallacanestro ormai come impegno full-time: 24 ore su 24”.
Quand’è che hai capito che il basket poteva diventare il tuo mestiere?
“Allenarsi con la prima squadra a Reggio Emilia, lavorare quotidianamente al fianco di grandi campioni per giovani come me, Melli, Cervi e Pini ha avuto un grande impatto sotto il profilo mentale e certamente ha cambiato le mie, anzi, le nostre prospettive spingendoci a passare dal sogno alla speranza. La prima svolta è coincisa col passaggio a Forlì, la prima tappa professionistica con responsabilità e pressione per i risultati. Ma le due stagioni forlivesi sono state positive da un lato e sfortunatissime dall’altro perchè il campo l’ho visto poco. Il primo anno a causa di guai al ginocchio. Il secondo per le conseguenze di un incidente d’auto”.
Quindi?
Quindi, il vero salto dell’asticella si concretizza col mio trasferimento a Montegranaro e, più ancora, nella seconda stagione marchigiana. Durante il primo anno e mezzo, infatti, coach Recalcati dosando il mio impiego, lo aumenta in relazione ai miei progressi fino a farmi diventare un giocatore importante nelle rotazioni, con minutaggi considerevoli e tante opportunità di mettermi in vetrina”.
Quali i tuoi maestri tra gli allenatori ?
“Come allenatori Carlo Recalcati è largamente il numero uno. Anche per lo straordinario lavoro svolto a Montegranaro, in una stagione in cui, come ho già accennato, ricoprì altri ruoli: consulente economico, psicologo, consigliere degli americani, amico e papà di tutti. Davvero straordinario, Carlo. Poi, un centimetro sotto, piazzo Pancotto, grande tecnico e vero signore”.
E tra i compagni di squadra?
“Vitali e Cusin, diversamente importanti lo scorso anno a Cremona, ma in assoluto devo dire grazie al grandissimo Alvin Young, che ha ricoperto un ruolo determinante durante i miei primi anni a Reggio Emilia. Alvin, grande uomo, mi ha spiegato nei fatti e col suo esempio il significato del termine Professionista”.
moretti campaniAdesso è arrivato finalmente il momento di parlare di Varese: vai pure a ruota libera…
Prima sincera considerazione: in tanti mi avevano detto che giocare per la Pallacanestro Varese e a Masnago è davvero una cosa speciale. Mi sembrava fosse la solita frase fatta, ma adesso che l’ho provato sulla mia pelle, posso confermare che è tutto vero. Seconda considerazione: riconosco che il nostro rendimento finora è stato tanto, troppo altalenante e siamo passati da prestazioni di buonissimo livello ad altre oggettivamente impresentabili. Questo stato di cose però è dovuto solo alle vicissitudini che abbiamo vissuto e ai frequenti cambi di assetto che hanno caratterizzato il nostro cammino, al punto che nemmeno io sono in grado di spiegare quale sia il nostro vero volto e soprattutto l’identità della nostra squadra”.
Autocritica apprezzabile, ma leggermente preoccupante visto che siamo quasi alla fine del girone d’andata. La domanda è: come se ne esce?
“Con una speranza: poter lavorare insieme, con un gruppo stabile e per lungo tempo perché in uno sport di squadra come il basket nulla si inventa e, soprattutto, nulla si crea dall’oggi al domani, con uno schiocco di dita. Servono mesi e mesi di lavoro per poter costruire qualcosa di duraturo e per fissare nella testa e nel cuore dei giocatori identità, passione e idee. E noi, purtroppo, questa opportunità non l’abbiamo ancora avuta”.
Intanto, però, c’è Cremona…
“La mia ex-squadra sta viaggiando a velocità fantastica è addirittura prima in classifica e, guarda un po’ che caso, rispetto allo scorso anno è stata costruita intorno ad un nucleo di italiani importante: Vitali-Cusin-Mian. Bravissimi loro e sinceri complimenti per quello che stanno facendo, ma noi vogliamo vincere e, per quanto mi riguarda, voglio disputare la classica gara dell’ex. Una grande partita per regalare al nostro pubblico una bella vittoria prima di Natale. Un successo del quale abbiamo molto, molto bisogno”.

 Massimo Turconi