La domanda è scontata. Perché proprio 20 punti? La risposta, se possibile, lo è ancora di più. Per un banale calcolo matematico. Le venti lunghezze proposte dalla Procura Federale a penalizzazione della Pro Patria sono infatti il frutto di una semplice moltiplicazione (con arrotondamento): 7×3. Sette come i punti inflitti per ogni partita incriminata giocata dalla squadra e 3 come le gare ritenute dall’accusa come manipolate (Cremonese-Pro Patria 3-1 del 15 dicembre 2014, Torres-Pro Patria 4-0 dell’11 gennaio 2015 e Pro Patria-Pavia 2-3 del 17 gennaio 2015).
Una contabilità illustrata ieri dallo stesso Procuratore Palazzi a corredo della correzione fatta alla richiesta del suo Sostituto Tornatore circa la penalizzazione de L’Aquila: sconto di un punto, da 32 a 31 (agli abruzzesi è stato comminato un punto ulteriore per ogni gara giocata da altre squadre ma alterata da propri tesserati).

Per la Pro Patria quindi, sanzione piena. Come per le multe. Aspettando l’arringa difensiva dell’avvocato Cesare Di Cintio, attesa per le prossime ore. Al legale tigrotto il compito di smontare (o di incrinare) le tesi dell’accusa. Con qualche nota a margine. Le richieste della Procura non hanno tenuto conto di quanto emerso durante il processo di appello. Sempre nel caso de L’Aquila, ad esempio, non è stata ritenuta ammissibile la prova dell’interruzione del rapporto di lavoro tra la società rossoblu e l’ex Direttore dell’Area Tecnica Ercole Di Nicola. Per osmosi, in casa biancoblu quasi analogo discorso potrebbe valere anche per i supposti (dalla DDA di Catanzaro) “soci occulti” Massimo Carluccio (la cui posizione è stata peraltro stralciata) e Mauro Ulizio. Un ruolo presunto di fatto disinnescato dall’esonero di responsabilità dell’allora legittimo proprietario Pietro Vavassori. Uno dei punti su cui ruoterà la difesa di Di Cintio. Anche se rimangono (non va dimenticato), i coinvolgimenti certi degli altri tesserati.
Insomma, la partita è molto complicata. Ma, in fondo, è ancora tutta da giocare.

Giovanni Castiglioni