“Benvenuto raggio di sole a questa terra, di terra e sassi….” Così cantava Francesco De Gregori e così, idealmente, potremmo cantare anche a noi a Varese ripensando alla vicenda tecnica e umana di Giancarlo Ferrero. Dedicando a lui questa canzone. La guardia-ala piccola classe 1988, per molte settimane uno sconosciuto “signor nessuno” nel roster dell’Openjobmetis – nelle prime dieci partite 5 ne e 30 minuti totali in campo -, sul punto di essere mandato in LegADue a metà novembre (cfr intervista al presidente Stefano Coppa), da un certo punto in avanti non è più uscito dalle rotazioni.

“Cresco cestisticamente nel Basket Bra, società in cui muovo i primi passi poi, viste le qualità – ricorda Ferrero -, passo nell’altro club cittadino, l’Abet, più grande, organizzato e ambizioso. Ma in Abet in realtà resto poco, giusto un paio di stagioni fino quando non mi trasferisco a Casale Monferrato, club sempre più emergente che proprio in quel periodo (2002-2003) sta lanciando alla grande il suo progetto di settore giovanile. Con orgoglio posso dire di essere stato il primo giocatore reclutato e ospite della foresteria casalese ed il primo ad avere debuttato in prima squadra”.

In effetti di “tal Ferrero”, ad alto livello, si inizia a sussurrare abbastanza presto…
“Ho avuto l’opportunità di frequentare abbastanza precocemente l’ambiente della prima squadra e la fortuna di   avere ottimi allenatori che mi hanno sempre dato fiducia aiutandomi nelle crescita e infondendo sicurezza e convinzione nei miei mezzi”.

Convinzione plasmata nelle “minors”…
“I campionati minori sono stati fondamentali per la mia formazione tecnica e umana e ho la sensazione, anzi, la certezza che sempre più lo saranno anche in futuro. Per un giovane rappresentano un banco di prova notevole perché ti mettono di fronte alle vere responsabilità – giocare per vincere, allenarsi sempre bene anche mentalmente – e ai veri rapporti con compagni di squadra più esperti, staff tecnico e dirigenti. Così le stagioni trascorse a Valenza in C1, alla Virtus e soprattutto a Osimo in B1 hanno rappresentato la vera palestra in cui sperimentare, mettermi alla prova, imparare”.

Quali i compagni “stelle polari”, punti di riferimento?
“Negli anni a Casale ho giocato insieme a tanti americani di grandissimo livello, gente (uno per tutti Hickman, campione d’Europa col Maccabi ndr) che dopo Casale ha comunque avuto un carrierone. Tuttavia, se devo scegliere un nome dico Matteo Malaventura. Per come si allenava, per come andava in pressione, per la meticolosità che metteva in ogni gesto, è stato davvero un grande maestro”.

Parliamo di Pallacanestro Varese. Per iniziare due domande crude: perché siete in questa situazione? Come avete fatto a conciarvi così?
“Potrà sembrarti strano, ma non ho una risposta al tuo quesito. Tutto è successo così in fretta, ma soprattutto così male che, anche superati i due terzi di campionati, non me ne sono fatto un’idea. Anche perché, bisogna ammetterlo, dal 20 di agosto 2015 a tutt’oggi ci è successo di tutto. Attenzione, non ho nessuna voglia di cercare alibi o scuse, ma tra infortuni, anche piuttosto seri, cambi d’assetto e casini vari in questa stagione stranezze ne ho viste tante. La fisionomia della squadra è cambiata almeno una dozzina di volte e sfido chiunque a trovare delle soluzioni plausibili in una confusione del genere. Poi, come se non bastasse, nel momento clou del girone di ritorno abbiamo perso il nostro capitano Daniele Cavaliero, uomo perfetto per “tenere” il nostro gruppo e garantire un’addizione importante. Credimi, potrei andare avanti per ore raccontandoti delle decine di volte in cui non siamo riusciti a fare un allenamento con la A maiuscola. E non hai idea di quanto questo aspetto possa essere frustrante per chi ogni giorno va in palestra per fare bene, e con grandissima passione, il suo lavoro”.

Eppure i tifosi, in coro, vi invitano “a lavorare, andate a lavorare…!”
“Capisco la rabbia, lo stupore ed il senso di impotenza della gente varesina, ma io posso garantire al mille per cento che questa squadra in palestra ha sempre lavorato tantissimo. In tutta sincerità non ci meritiamo quelle parole. Altre magari sì, ma quelle legate al lavoro, alla nostra professionalità, all’atteggiamento mantenuto in palestra, proprio no. Magari, in diverse partite, siamo stati una squadra non all’altezza sotto il profilo tecnico, fisico e atletico, ma lazzaroni, no, mai…”.

Stranieri di Varese, quasi tutti sbagliati…
“Non entro nel merito delle scelte e mi limito a dire che, in allenamento, ho visto quasi sempre buone persone, ragazzi corretti e attaccati al gruppo. Poi, è chiaro: qualcosa non ha funzionato. Io però non punto il dito contro nessuno dei miei ex-compagni e sono consapevole che in parecchie occasioni sono  altri ingranaggi che regolano i meccanismi di una squadra. Pertanto, nessuno giudizio. I bilanci, si tirano a fine anno, da chi è deputato a farlo per mestiere”.

Il tuo bilancio parziale com’è?
“Le premesse iniziali non contemplavano di sicuro la zona bassa della classifica, ma adesso tocca a noi uscirne fuori e con la bellissima vittoria ottenuta a Torino abbiamo già dato una bella spallata. Dobbiamo continuare così. Per questo motivo battere Trento, avversario di grande caratura, è ancora più importante”.

Massimo Turconi