Sabato scatta la stagione 2016 della I Divisione con la caccia ai Seamen Milano campioni d’Italia da due anni. I Marinai partono ancora in pole position, ma ci sono tante squadre che possono ambire al titolo dei meneghini. In una prima fila ideale devono essere per forza messe le altre tre squadre che hanno composto le semifinali della passata stagione e cioè Panthers Parma, Rhinos Milano e Giants Bolzano. Ambizioni per un posto al sole non vengono nascoste neppure dalle altre due formazioni del Girone Nord Lions Bergamo e Giaguari Torino, così come dalle due grandi favorite del Girone Sud, Marines Lazio e Dolphins Ancona. Forse più indietro ci sono Grizzlies Roma, Aquile Ferrara, Warriors Bologna e i neopromossi Guelfi Firenze, ma tutto è ancora sulla carta e tra breve sarà il campo a parlare.
Le prime parole però spettano al numero 1 degli attuali numeri 1 e cioè il presidente dei Seamen Milano Marco Mutti.

Si riparte dal back to back dei Seamen Milano. Si dice che è difficile ripetersi e allora quanto potrà essere complicato fare il threepeat?
«Vincere tre campionati di fila è molto difficile. Va tutto bene per due anni, ma vincere anche il terzo consecutivo vorrebbe dire una grandissima congiunzione astrale. Da buoni Marinai navighiamo a vista, cercando così di arrivare a Cesena. Abbiamo perso Stefano Di Tunisi, due uomini di linea d’attacco come Adduci e Ferretti, un “Bulldozer” come Palini, ma i ragazzi crescono e regalano qualche inserimento con tanti nuovi atleti dalle giovanili. Se penso che ci sono solo 12 superstiti del primo Italian Bowl, 21 del secondo e 34 del terzo, credo che abbiamo avuto la capacità di cambiare mantenendo un anima vincente. La prova si avrà al termine della regular season, anche se siamo partiti con il piede sbagliato visto che molti ragazzi non sono disponibili e che Garret Safron si è infortunato appena arrivato».

Avversarie più importanti: solo Panthers Parma o qualche outsider come Giants Bolzano o Rhinos Milano?
«Tutte e tre, ma anche Lions e Giaguari per un girone Nord durissimo. Per il Sud abbiamo visto bene le Aquile, ma credo che i Marines, che si sono rinforzati tantissimo, possano ambire al successo finale. Tutto sta nel gestire il roster partita dopo partita».

La presenza dell’eventuale oriundo a fianco di uno straniero quanto può cambiare le carte in tavola?
«Secondo me poco o nulla. Probabilmente può essere d’aiuto in mentalità ma è difficilissimo trovare un outstanding player disponibile a venire in Italia a giocare. Quello che abbiamo visto sono atleti buoni che competono per un posto da titolare, ma non molto di più. Noi alla fine abbiamo ceduto e abbiamo trovato una linea di difesa canadese di origini calabresi. Un toro, ma con regole di ingaggio completamente diverse dal football NCAA. Sono curioso di vederlo in azione e lo è anche Jordan Marra».

Ha fatto discutere e continua a farlo, la divisione dei gironi in maniera territoriale. Lo scorso anno nel Girone Sud solo Marines Lazio e Dolphins Ancona sono sembrate all’altezza del Girone Nord e in ogni caso non sono riuscite a passare il primo turno dei playoff. C’è il rischio che sia così anche in questa stagione?
«L’incognita infortuni per chi gioca 10 gare ad altissimo livello è alta. Questa è sicuramente una motivazione in più per le squadre del girone SUD per poter passare lo scoglio dei quarti di finale. Mai dire mai però, perché come dicevo credo che i Marines siano una squadra molto compatta quest’anno. Il confronto tra le migliori quattro dei due gironi non credo sia così scontato. Il fattore infortuni, lo ripeto, potrebbe essere determinante».

Quale è lo stato del football in Italia secondo il presidente della società che da due stagioni è la numero 1 e quanto siamo lontani dall’Europa che conta?
«Siamo in crescita senza ombra di dubbio, ma con una grandissima mancanza strutturale. L’assenza della federazione è palese. Si ripresenta solo per caricare le società di burocrazia e costi, esattamente il contrario di quello che si dovrebbe fare per far decollare questo sport. La differenza con le squadre e le altre nazionali, escludendo la Serie A Europea, è minima, anche se le altre nazioni ci stanno raggiungendo. Perdere contro Serbia e Svizzera ha fatto suonare un campanello d’allarme che spero Davide Giuliano sappia ascoltare. Dal punto di vista organizzativo invece Germania, Austria, Svezia e Francia sono un po’ troppo lontane da noi, ma anche qui il gap si assottiglierà se il team azzurro saprà fare le scelte adeguate. Non manca il materiale umano, mancano sempre sponsor e visibilità e sono dei punti cruciali per sostenere una nazionale ad alti livelli».

L’importanza della Ifl. Quali sono i passi necessari perché la Lega cresca come importanza?
«Difficile fare passi tenendosi per il braccio. Nei miei due anni di presidenza ho trovato molti ostacoli e molte divisioni. Ho dedicato tanto tempo libero per la causa, ma a parte tanto entusiasmo non abbiamo le risorse economiche per poterci mettere in mostra. Certamente il campionato ha una durata compressa e le emozioni si susseguono. Localmente ognuna delle 12 squadre fa di tutto per accaparrare interesse nelle città, ma la lega da sola ha questo fardello enorme che si chiama crescita. Senza investimenti non si va molto lontano anche se inaspettatamente la crescita è più solida oggi: aumentano gli spettatori, le visualizzazioni dei siti sono decuplicate in 6 anni e si parla sempre più di football. Se si avrà il coraggio di dare una sferzata, il prossimo anno potremmo dire che la crescita potrà portare frutti insperati fino a qualche anno fa. L’Italian Bowl di Cesena organizzato da Pellegrini sarà una cartina tornasole importante».

Ufficio Stampa IFL
(foto Dario Fumagalli)