Il giorno dopo, tiene sempre banco il caso-Faye. In attesa della Fiba Cup, riavvolgiamo il nastro: il cestista senegalese è stato trovato positivo al THC Metabolita>DL (cannabis) e prontamente sospeso prima dalla stessa Pallacanestro Varese, poi dal Tribunale Nazionale Antidoping, a titolo cautelare. Adesso cosa può succedere? Faye entro tre giorni potrebbe chiedere le controanalisi, che dovranno nel caso essere effettuate in una settimana. La richiesta deve partire da lui stesso. Se le controanalisi dovessero smentire la positività, Faye potrebbe ovviamente tornare a giocare senza ulteriori sanzioni. Ma le tempistiche non possono essere brevi, perché la sospensione rimarrà in vigore fino alla sanzione disciplinare che dovrebbe smentirla, e il caso di Corbett a Treviso insegna: l’americano è stato sospeso a novembre e solo a metà marzo si discuterà della squalifica. Difficile che però si vada per questa strada, perché pare che Faye ieri abbia già chiesto scusa ai compagni, ammesso le sue colpe e sia pronto a lasciare Varese nel giro di qualche giorno. Se invece la positività venisse confermata, la sospensione rimarrebbe, per poi arrivare alla sentenza definitiva. Sarà una sua decisione, perché dichiarandosi colpevole potrebbe sperare in una squalifica un po’ più breve. Il rischio è un’inibizione dalla attività sportiva dai 3 ai 5 mesi, il che vuol dire che salterà praticamente tutta la prossima stagione. Ovviamente sarà anche licenziato da Varese per “giusta causa”. E l’Openjobmetis? I tesseramenti sono finiti e non si può prendere più nessuno, ma c’è una soluzione possibile: trovare un Under 19 straniero – categoria da non inserire nel conto dei tesseramenti – e farlo arrivare a Varese per questi ultimi due mesi. È molto difficile: si cercherà nei grandi club che hanno bisogno di dare più continuità ai loro prospetti. L’anno scorso a Capo D’Orlando ad aprile inoltrato era arrivato Emir Sulejmanovic – allora quasi ventenne -, che disputò quattro partite. Vuol dire che ce la si può fare, sicuramente il precedente fa ben sperare.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sulla questione cannabis e doping. Il metabolita per cui Faye è stato sospeso (il THC>DL) è inserito nella “Lista Wada delle sostanze e metodi proibiti”, in vigore dal 1° gennaio 2016, in una sezione particolare: le sostanze vietate “in competizione”. Le sostanze in questa categoria – come la cannabis appunto – danno benefici agli atleti solo se prese sul momento, prima della competizione. In altre parole, agiscono in maniera diretta sulle capacità fisiche dell’atleta migliorandole per il tempo di azione della sostanza stessa, non a lungo termine. L’utilizzo di queste sostanze è utile all’atleta – e quindi punibile, come nel caso di Faye –solo se assunta prima dell’evento competitivo, non in altri lassi temporali. La differenza è con le sostanze proibite sempre, come gli anabolizzanti e i modulatori ormonali, che danno benefici nel lungo termine. La legislazione sulla cannabis è cambiata da poco: nel 2013 la Wada (l’agenzia mondiale dell’antidoping) ha aumentato la soglia tollerabile per un atleta dai 15 ai 150 nanogrammi per millilitri nelle urine. In questo modo, sono trovati positivi solo gli atleti che hanno fumato poco prima di un evento sportivo. La cannabis è considerata quindi dopante prima di una gara perché genera un effetto calmante e di rilassamento, facendo svanire l’adrenalina, fornendo quindi un vantaggio sugli avversari. In molti si ricorderanno il caso-Phelps, beccato a fumare marijuana in una festa con amici ma senza gare in vista. Le tracce del THC rimangono nel corpo fino a qualche ora dopo l’assunzione: lo smaltimento dipende dalla frequenza di consumo: chi fuma di più corre il rischio di conservare la sostanza nel sangue.

lu.mastro.