Se la corsa promozione fosse una questione di botteghino, la Reggiana si giocherebbe la Serie B con il Padova. Granata e biancoscudati sono infatti gli unici del Girone A di Lega Pro ad aver portato nei rispettivi stadi almeno 50 mila spettatori. Nello specifico, 53.716 per gli emiliani e 55.639 per i veneti. Numeri di rilievo che, tarati sulle gare casalinghe sinora disputate (13) portano ad una media di 4.132 spettatori (2.615 gli abbonati) al “Mapei Stadium – Città del Tricolore” e di 4.280 (3.411 gli abbonati) all’ “Euganeo”. In realtà, il sorpasso (sul complessivo ma non sui paganti) è avvenuto solo un mese fa per effetto della declinante stagione della formazione di Colombo (all’ottava giornata la Reggiana era prima, ora è settima), e del derby Padova-Cittadella che domenica 21 febbraio ha fatto saltare il banco facendo registrare il record annuale del girone di 6.144 spettatori. Un successo di pubblico non accompagnato però da quello della critica come testimonia (all’inverso) la capolista Cittadella che al “Tombolato” ha una media di poco superiore ai 1.600 spettatori. E la Pro Patria? Meglio pattinare via: solo per i parziali, si è da poco valicato l’asticella dei 10 mila con una media inferiore agli 800 a partita. Di fatto, un campionato lontano da sguardi indiscreti.

Reggiana - LumezzaneTornando alla Reggiana, la questione stadio impatta in maniera significativa sul bilancio della società che, fino al 2014, incassava dal Sassuolo circa 867.000 euro per la locazione dell’impianto mentre, da quando la struttura è stata acquistata dalla Mapei di patron Giorgio Squinzi, ne deve annualmente al club neroverde 250.000. La differenza (mal contata) è una milionata abbondante. Non esattamente spiccioli.
Tra le curiosità dell’ormai ex Stadio Giglio (completato nel 1995) il fatto che sia l’unico impianto petaloso del panorama calcistico italiano. Lo è per definizione dal 2004 quando fu integrato con appendici architettoniche a scopo commerciale denominate (appunto) I Petali.

Quale formazione vedremo in campo questa sera (ore 20.30) contro i biancoblu? Canonico 3-5-2 per la migliore difesa del torneo (17 reti) con (presumibilmente) Perilli in porta; Parola, Sabotic e Spanò in difesa; Mogos, Bruccini, Danza, Maltese e Mignanelli in mediana; Siega e Arma davanti. Cioè, 5 ex in campo (Perilli, Spanò, Bruccini, Mignanelli e Siega), 3 in panchina (il tecnico Colombo, Panizzi e il giovane Mecca), più un’altra mezza dozzina a vario titolo (l’infortunato De Biasi, lo squalificato per doping Andreoni, il DS Federici, il preparatore Simonelli e il fisioterapista Del Sole). Dalla parte bustocca, oltre all’assente D’Alessandro, Simone Vernocchi più i due prestiti Possenti e Demalija. Dimenticato qualcuno? Sì. Chi se n’è già andato. Ma ne parliamo a chiudere. Insomma, la Reggiana sta alla Pro Patria come la Nordmeccanica Piacenza sta alla Unendo YamamaY.

All’andata (14 novembre) finì 0-0 con primo punto del campionato tigrotto e ruspante comitato d’accoglienza riservato all’ex patron Vavassori. Che, nel frattempo, non lo è però neanche più della società di via Mogadiscio in virtù di un addio mai annunciato ufficialmente ma nei fatti dal 4 marzo quando il socio di maggioranza Giancarlo Medici dichiarava: “Vavassori ci ha lasciato con il cerino in mano e ha destabilizzato un po’ tutto”. La separazione era chiara da tempo e cioè da quando l’a.d. di ItalSempione aveva evitato di esercitare l’opzione di acquisto del 41% delle quote societarie. Limitandosi al ruolo di munifico sponsor. La risoluzione (avvenuta il 16 febbraio) del contratto del DG Ferrara e le defezioni (a scalare), del capo osservatore Armonia e del Team Manager Zullo avevano poi tolto ogni dubbio (semmai ce ne fossero stati).
Sembra trascorsa una vita da quando proprio Vavassori chiudeva il ritiro estivo della Reggiana a Castelnovo ne’ Monti arringando il popolo granata al ritmo di: “Chi non salta parmigiano è!”. E, invece, era solo il 31 luglio 2015. Ma, avendo già vissuto esperienze analoghe, evitiamo di stupirci.

Giovanni Castiglioni