Artària o Artarìa? Il dubbio è sempre stato dove mettere l’accento. Pronuncia sdrucciola o pronuncia piana? Ovviamente (o quasi) la scelta corretta è la seconda, ma l’alternativa per Luca Flavio Artaria, più che una banale opzione fonetica, è sempre stata una questione di stile. O, ancora meglio, di ruolo. Un po’ punta, un po’ esterno, un po’ tuttofare dell’attacco, l’attuale giocatore del Cavenago Fanfulla (prossimo avversario della Pro Patria domenica alle 14.30 alla “Dossenina” di Lodi) è un classico prodotto del demansionamento del calcio contemporaneo. Perché a saper fare tanto (se non proprio tutto), un posto alla fine lo si trova sempre. Magari dovendo aspettare il proprio turno in panca.

Illuminante, al proposito, il biennio biancoblu (2011/2013) quando sia Cusatis che Firicano lo utilizzano come operaio specializzato del cambio in corsa. Cinquanta presenze tonde in 2 stagioni, 13 da titolare, solo 3 per 90’ completi. Per contro, ben 37 da subentrato, di cui 22 oltre l’80’ minuto. Il perfetto backup alla bisogna. A cedergli il posto in campo, 14 diversi compagni di squadra. In prevalenza Cozzolino (8 volte), in una sola circostanza il capitano Serafini, all’89’ del recupero del “Brianteo” con il Monza del 9 febbraio 2013. Ma in quegli spiccioli di gara, Artaria riesce anche a firmare il 2-5, unica rete della sua esperienza tigrotta. Chi non ha tempo, abbia gambe, insomma.
Un concentrato di energia che gli costa anche qualche inevitabile eccesso. Come quando (proprio contro il Monza al ritorno), si fa cacciare dopo 24’ fumandosi la festa promozione di 7 giorni dopo a Casale. Succede, a chi ha la vena a perenne rischio occlusione.

Temperamento battagliero che gli sarà utile più in là, quando una diagnosi sbagliata e un intervento mal riuscito rischieranno di troncargli la carriera. Primi mesi del 2014, uno stiramento lo blocca per diverse settimane mentre gioca nel Vallée d’Aoste Saint Cristophe. Nonostante le cure, il recupero tarda ad arrivare. La verità? I muscoli c’entrano poco. O nulla. Il problema è infatti quanto di peggio possa capitare ad un atleta: crociato anteriore. Anzi, il peggio deve ancora venire con un secondo passaggio in sala operatoria per sistemare i danni provocati dal primo. Risultato: un anno abbondante trascorso tra ospedali, referti, primi e secondi pareri medici. E tanta palestra, per una lunga riabilitazione dall’esito incerto. Ma con una speranza. Le parole del suo ultimo allenatore ad Aosta, Alexandro Dossena: “Se firmo da qualche parte, ti porto con me”.

Impegno mantenuto. L’ex tecnico del Bogliasco si accorda con l’Oltrepò Voghera e arriva così l’opportunità per tornare nel giro. Una chance sfruttata appieno e celebrata al primo gol contro il Borgosesia con una maglia ad hoc: “Ho sofferto, ho lottato, ora sono tornato e mi riprendo quello che era mio…”.
Promessa o minaccia? Sia come sia, l’asse Artaria/Dossena diventa inscindibile e durante l’estate entrambi si trasferiscono nella neopromossa Cavenago Fanfulla. Per Arta è la grande occasione per compiere il salto di qualità. Dieci presenze (tutte da titolare), 4 reti e un ruolo definito nel mutevole assetto tattico bianconero. Di fatto, il completamento di un processo di maturazione tecnica ed agonistica.
Dove mettere l’accento, ormai non è più un problema.

Giovanni Castiglioni