Non sappiamo chi allo “Speroni” abbia avuto la pensata di celebrare le reti biancoblu sparando a pompa nelle casse “Rewind” di Vasco Rossi. Ma a qualunque sacco appartenga la farina della selezione musicale, ieri l’effetto è stato fragoroso. Perché quello vissuto contro la Pergolettese è stato un macroscopico riavvolgimento del nastro sino a quel 27 settembre 2008 più volte evocato nei giorni scorsi. Stesso avversario, punteggio in fotocopia, analogo quinto successo in striscia, identico stadio a totale supporto della causa. Certo, in mezzo ci sono una categoria di differenza (allora sarebbero state due), e il valore delle due squadre non è oggettivamente sovrapponibile. Ma la sensazione di imbarazzante superiorità mostrata contro i canarini è stata la stessa avvertita quel sabato di otto anni fa. Fatta la tara di cui sopra, s’intende.

Appellarsi al dejà vu, rischia però di trasformarsi in una discreta buccia di banana. Un po’ per come finì quel campionato e un po’ perché la stagione è ancora lunga e solo un mese fa i discorsi erano ben diversi. Diciamo pure opposti. Quindi, meglio stare allineati e coperti. Almeno per qualche tempo.
Ma la squassante vittoria contro la formazione di Curti non può che pretendere alcuni punti fermi. Il primo riguarda Bonazzi. Il 26 settembre (quando il tecnico seriano girava con un bersaglio piazzato sulla schiena), ponevamo una domanda dirimente: è lui l’uomo giusto? Allora la risposta era nì (tendente al no). Oggi, invece, al referendum tigrotto stravincerebbe il sì (senza allusioni, ci mancherebbe). Critica prematura? Può darsi. Ma tante cose sono cambiate (a partire dal serrate le file societario di Ponte San Pietro). Tranne una. Lo stile di gioco a prescindere dai moduli (4-3-3 o 3-5-2). Quello era già chiarissimo sin dal triangolare di Biella di fine luglio. E quando vanno a segno due giocatori (su tre) entrati dalla panchina, l’allenatore non può certo essere estraneo alla vicenda.

Ma proprio perché la differenza la fanno sempre gli uomini, dal gruppo si stagliano due figure rimarchevoli. Per motivi diversi. Una è Riccardo Colombo tornato a vestire la maglia biancoblu dopo 4.949 giorni. Con la stessa grinta, differente maturità e una qualità che allora si intravedeva in filigrana, oggi balza all’occhio sin dalla copertina. Tanto da ottenere in una manciata di minuti quello in cui non era riuscito nella sua prima esperienza bustocca. Segnare una rete. Per soprammercato decisiva.
L’altra è Mario Santana. Magari nelle prossime settimane il suo impiego cambierà. O magari no. Ma la cruciale importanza di Marito nell’economia della Pro Patria va ben al di là di quanto fatto in campo. Meglio non dimenticarlo.

Infine il pubblico. Il numero magico è 1.032 (milletrentadue). Tanti quanti i tifosi presenti (e prestanti) ieri sulle tribune dello “Speroni”. Cifra che può dire poco ai meno avvezzi alle cose tigrotte. Ma aver varcato il Rubicone del migliaio porta ad un auspicio per sillogismo storico. Indietro non si torna. Perché espressioni di godimento così non si vedevano da un pezzo. Magia del tasto Rewind.

Giovanni Castiglioni
(foto di Antonio Saia)