È il caso, forse più unico che raro, di un atleta oro olimpico che, tra i cestofili, è noto più con il fischietto in bocca che per i suoi canestri. Leon Wood, perché è di lui che parliamo, all’ombra del Sacro Monte ha lasciato un ricordo pallido, eppure negli annali della pallacanestro a stelle e strisce il suo è un nome importante.

Con la maglia della Ranger debuttò nel marzo ’91 a Torino, in una trasferta persa al fotofinish dal quintetto di coach Giancarlo Sacco al cospetto di una formazione sabauda che aveva in posizione di centro il totem Dawkins e tra gli esterni l’efficace Della Valle senior e un giovanissimo Abbio.
Il compito di Wood, playmaker classe 1962, non era dei più facili: iniziata storta, con Meo Sacchetti ko dopo il grave incidente subito nella serie di finale playoff persa contro Pesaro e con l’infelice scelta di Cummings al posto dell’eccellente Corny Thompson, quella stagione non si raddrizzò più. Anzi, per la prima volta Varese dovette fare i conti con l’esperienza playout.

Sotto la volta del PalaRuffini – impianto torinese che aveva ospitato nel 1979 i Campionati Europei conclusisi con l’oro all’Urss del “gigante” Tkachenko, pivot da m. 2.20 per 120 chili – Wood, chiamato in corsa a sostituire un Frank Johnson alle prese con problemi fisici, fece subito vedere un gran tiro dalla lunga distanza. Non molto altro, però: niente capacità di gestione del gioco, poca difesa. Eppure, da giovanissimo aveva destato l’interesse di un mastino del basket come Bobby Knight, mitico allenatore di Indiana University che aveva costruito la sua carriera sulla tecnica degli aiuti difensivi e che aveva scelto Wood come uno dei play della nazionale Usa per le Olimpiadi di casa a Los Angeles 1984. Sì, proprio quella competizione in cui il mondo scoprì le eccelse doti di Michael Jordan, che era la guardia titolare di quella formazione di universitari che stravinse la finale per l’oro 96-65 contro la Spagna.

Lo avrete capito: Leon Wood rimase a Varese per poche, sfortunate settimane. Il suo nome, però, oggi è ancora noto fra gli appassionati di pallacanestro: appese al chiodo le scarpette da giocatore, ha scelto la carriera di arbitro e, in quel ruolo, vive la sua ventunesima stagione sotto le luci della ribalta Nba.

Antonio Franzi