I post partita della Pro Patria stanno assumendo i toni di una recita a soggetto. La squadra (tranne a Monza) vince. Bonazzi (comunque) non gradisce e le sale stampa (o supposte tali) diventano teatro di uno sfogatoio a basso contenuto di carota e ad altissimo di bastone.
Non sono contento. Non abbiamo fatto bene. Serve più sacrificio”, il 22 gennaio dopo il 2-0 al Caravaggio. “Chi gioca poco, oggi non mi ha dato buoni segnali. Dovrò tenerne conto”, 3 giorni più tardi dopo l’1-2 di Lecco. “Così non si va da nessuna parte”, ieri dopo l’1-2 al Ciserano. Piccolo frasario bonazziano di inizio 2017. Potremmo andare avanti. Ma è solo per rendere l’idea. Tanto il format è piuttosto chiaro.

E’ legittimo che un tecnico mostri inquietudine nonostante i risultati positivi? Certo, figuriamoci non lo fosse. Diverso è invece capire quanto questo atteggiamento possa essere strumentale e (soprattutto) quanto giovi alla truppa. Quel che è fuori discussione è che (a quanto pare) repetita non juvant visto che il ritornello è incantato quanto e più di un disco rotto.

La Pro Patria ha vinto 12 delle ultime 14 partite perdendo solo (male) a Darfo e (malissimo) a Monza. Poteva fare meglio? Ovvio, lo dice la matematica. Il buon senso, invece, suggerisce che il ritardo accumulato sulla capolista non è patrimonio della contingenza. Più semplicemente, è legato a valori non omogenei. Anche caratteriali. Differenze cui lo stesso Bonazzi non può sottrarsi. Perché se una squadra è costruita ad immagine e somiglianza del proprio allenatore (e la formazione biancoblu lo è al di là di ogni ragionevole dubbio), il discorso vale tanto per la buona quanto per la cattiva sorte. Come nei matrimoni. Almeno quelli che funzionano.

La sconfitta di Monza ha portato frustrazione. Per come è maturata e per le ambizioni che ha infranto. Negarlo è esercizio per miopi. Quindi, meglio astenersi. Ma un conto è faticare a mandar giù un boccone amaro, un altro cavalcare un’insoddisfazione che potrebbe essere malintesa. La perfezione non è di questa terra. Tantomeno di questa categoria. Concetto illustrato ieri da Riccardo Colombo con un eloquente: “Prendiamo il buono di questa partita”.
Otto giorni fa al “Brianteo” si è chiuso un campionato (quello della promozione diretta). Ieri al “Rossoni” di Ciserano se n’è aperto un altro (quello della corsa playoff). La prospettiva è cambiata. Meglio farsene una ragione.

Giovanni Castiglioni