Rugby italiaItalia-Irlanda 10-63, altro giro, altro regalo. Non decolla il rugby azzurro, resta con i piedi ben ancorati a terra, e questo non è un bene. L’Olimpico è un gran bel colpo d’occhio, gente ce n’è, tanta, 51.000 si sono presentati ai cancelli d’ingresso a Roma. Italiani e irlandesi insieme nell’avvicinamento allo stadio, insieme ai cancelli e insieme anche sui gradini, spalla a spalla.
Sul campo le spallate sono diverse, la partita è iniziata e il fortino azzurro è resistito dodici minuti. Poi l’attacco a Fort Apache è stato vincente e l’invasore, il secondo in due settimane dalle stesse zone, ha esposto il proprio vessillo. Via il rosso dei Dragoni gallesi per fare spazio al colore verde del quadrifoglio irlandese. La partita ha poco da raccontare se non l’affanno di un’Italia costretta a tamponare, e non sempre, la veemente azione di una Irlanda che ha fatto capire come ha vinto con la Nuova Zelanda lo scorso novembre. Sempre d’oltre Manica il nuovo Re di Roma. Lo scorso fine settimana era stato incoronato Halfpenny, man of the match, ieri lo scettro è andato nelle mani di CJ Stander, terzalinea che all’Italia, tra l’altro, ha infilato tre pappine, leggi mete.

L’Italia non va proprio, o forse sono gli altri che lo fanno a velocità doppia. La vittoria del 19 novembre con il Sudafrica a Firenze aveva fatto scattare la molla, si pensava di essere finalmente una Nazione che conta, quanto meno l’illusione era di esserlo. La seguente sconfitta con Tonga passò come incidente di percorso, ma l’esordio nel Sei Nazioni 2017 con il Galles aveva acceso un campanello di allarme che la sconfitta di ieri ha fatto diventare una vera e proprio sirena. L’Irlanda ci ha asfaltato, ha fatto marameo all’Italia e in campo ha mostrato muscoli, testa velocità, capacità… Briciole quelle raccolte da Parisse e soci caduti in un oblìo senza fine. E in tutto questo il pubblico che ha fatto? La gente dell’Olimpico s’è fatta sentire cercando di essere un valore aggiunto per gli Azzurri.

rugbyMentre dagli schermi di DMax apparivano i ragazzi dell’Amatori Tradate, sugli spalti di un Olimpico colorato di azzurro e verde erano in tanti arrivati dalle nostre zone. Varese, Malpensa, Tradate, Valcuvia e Rosafanti sono stati ben rappresentati allo stadio. Chi con la maglia azzurra, chi con la giacca del club, chi con la sciarpa dell’evento, chi con il programma in una mano e nell’altra il pallone appena conquistato scucendo qualche euro dal portafoglio di papà o mamma. Tutti allegri, grandi e piccini, uno stato d’animo che non cambierà ottanta minuti più tardi a disfatta ultimata. Perché funziona così, i discorsi da bar sport restano al bar, qui c’è altro da fare e se per caso s’incontra uno degli azzurri scatta la corsa all’autografo o ai selfie, come quelli fatti in tribuna non appena scorto Castrogiovanni.

<A me l’Italia è piaciuta> è la confidenza di un ragazzino di otto anni, <Parisse è stato il migliore> dice un adorante e di parte piccolino che non raggiunge il metro di altezza, <io ho tifato Irlanda perché era più forte e ha vinto facilmente> è la considerazione di Tommaso che non fa una piega, <sono diventato amico di un irlandese ma non ho capito il suo nome> ammette un undicenne con efelidi e capelli rossi che lo fanno assomigliare più ad un Irish che un varesino. Arrivano dalle nostre zone, treno e auto i mezzi utilizzati per essere presenti a Roma a tifare Italia. C’è anche Alessandro, il miglior marcatore dell’Amatori Tradate di tutti i tempi, lo troviamo in tribuna ed è impressionato da quanti <sono gli irlandesi allo stadio. E’ una macchia verde, sono tantissimi>. L’Italia? <Lasciamo perdere…>. In tutti i sensi.

<Chissà con la Francia tra un mese?> è la domanda che Graziano dalla tribuna centrale lancia nell’aere. Solo sguardi d’intesa con gli amici che significano ci rivediamo qui l’11 marzo. Graziano è un ex giocatore di Varese anni ottanta/novanta e da poco s’è trasferito a Gubbio. A Roma ha incontrato gli amici di sempre, hanno visto insieme l’Italia, bevuto un paio di birre al Peroni Village e poi di nuovo in viaggio verso casa. Questo è il popolo del rugby, gente in movimento, laddove l’evento chiama risponde presente.

S.A.