Il “Monumento Nazionale” Dino Meneghin negli insoliti panni di difensore del suo storico nemico Art Kenney. E, di rimando, lo stesso “Rosso” Kenney che sfoggiando un improbabile e suggestivo farfallino stelle & strisce regala elogi sinceri e affettuosi per “Dino Dino”.
Poi il botta e risposta tra Marino Zanatta e Renzo Bariviera, due tra i migliori esterni (guardia, ala piccola, ala grande, fate voi…) ogni epoca prodotti dal basket italiano con Marino che, tra battute ironiche e aneddoti sapidi, indica semplicemente “Renzuccio è mio fratello”, considerazione più che normale al netto di sette anni trascorsi insieme come compagni di camera durante i raduni della Nazionale.
Poi, la parentesi seria, e non poteva essere diversamente, che ha per protagonisti Aldo Albanesi e Marzio Zambelli, ovvero i “Re” degli arbitri negli anni ’70. E, ancora, il “dai vai” tra Aldo Ossola e Dodo Rusconi sotto gli occhi attenti e, oggi benevoli, di coach Sandro Gamba.

Tutte queste “fotografie”, in uno scenario dolcemente infinito fatto di ricordi, abbracci, battute, simpatiche prese in giro tra ex-compagni ed ex-avversari un paio di sere fa hanno letteralmente “invaso” il parquet della Polisportiva Garegnano in via Lampugnano a Milano tracimando in un tenero fluire di sensazioni e di sogni da rivivere ad occhi aperti. Perchè, credetemi, solo in un sogno, solo in un purissimo viaggio a sfondo onirico, avrei potuto immaginare di ritrovarmi in una piovosa sera di inizi maggio a tu per tu con i più grandi campioni della mia adolescenza baskettara, tutti riuniti sotto un “marchio” che non ha davvero bisogno di spiegazioni: Simmenthal contro Ignis. Reunion.

La straordinaria idea di riunire i protagonisti delle grandi sfide Milano-Varese, è merito di Giorgio “Papo” Papetti, oggi brillante medico, ieri ala grande dai movimenti eleganti che divise la sua carriera in Olimpia Milano e anche sull’altra sponda meneghina: quella della Pallacanestro Milano targata All’Onestà.
Papetti, 66 anni, dirige il “Museo del basket” (www.museodelbasket-milano.it) e un’eccellente redazione di esperti e appassionati formata da Stefano Bertani, Alessandro Chitotti, Mauro Gurioli, Alessandro De Mori e Paolo Bianchi, ex capitano Olimpia Milano. Pensate al bello di poter ri-vedere tutti insieme i favolosi componenti di quelle mitiche sfide tra Milano e Varese, personaggi che, citando una bella e azzeccata definizione del mitico Aldo Giordani, papà di tutti i giornalisti italiani che si occupano di pallacanestro, contribuirono al “boom del basket”.

Quindi, accanto alle stelle, ancora lucenti, Dino Meneghin e Art Kenney ecco sfilare in ordine sparso giocatori, allenatori, dirigenti dell’Olimpia – Sandro Gamba, Mauro Cerioni, i gemelli Boselli, Basilio Andolfo, Renzo Bariviera, Giandomenico Ongaro, Paolo Bianchi, Antonello Riva, Toni Cappellari, Pippo Faina, Franco Longhi – insieme ai pari ruolo di Varese: Dodo Rusconi, Paolo Polzot, Marino Zanatta, Ottorino Flaborea, Aldo Ossola, Massimo Lucarelli, il trainer Sandro Galleani, eccellente curatore di muscoli meneghini e varesini in maglia azzurra.
E poi, come già detto, gli arbitri degli indimenticabili (quelli sì, davvero indimenticabili…) spareggi-scudetto: Aldo Albanesi, di Busto Arsizio, e Marzio Zambelli, ovviamente “milanesun “. Un duo che nato per caso, si trasformò nella prima solidissima, quasi inscindibile, coppia arbitrale che fece storia perché, spinta dalla brillante intuizione del presidente FIP di allora, avvocato Claudio Coccia, fece a pezzi un dogma poiché ai due, in virtù della loro bravura, fu concesso di dirigere le squadre delle loro città.
E, ancora, i giornalisti “top” del basket italiano: Oscar Eleni, Werther Pedrazzi, Luca Chiabotti, i gemelli Viberti di Torino, Franco Arturi, Claudio Limardi, Andrea Tosi, coordinati, se così si può dire, dalla presenza di Dario Colombo, allora alla guida di “Giganti del Basket”, che ha condotto con verve brillantissima una serata spesa tra gag, battute a più non posso, aneddoti e nostalgici filmati prestati dalla RAI.

Una nostalgia che, come dicevo, si è giocata tutta in una serie di “uno contro uno” nei quali, per esempio, Dino Meneghin ha difeso con forza l’immagine di Arturo Kenney: “Art non era solo un brutale lottatore, e sarebbe profondamente sbagliato descriverlo in questi termini. In realtà Kenney era soprattutto un giocatore dotato di grande tecnica, fondamentali raffinata e grande intelligenza cestistica. Solo che, a differenza di molti suoi connazionali intenti solo a pensare al loro tabellino, Kenney in ogni partita profondeva grandissima carica agonistica, da vero uomo-squadra. Doverlo affrontare nei derby era stressante fisicamente e mentalmente perché sapevo che il nostro duello avrebbe varcato i confini del parquet e si sarebbe trasferito anche ai tifosi. Kenney, insomma, è stato un gigante di quel Simmenthal e quando lasciò l’Italia mi sentii come sollevato da un peso, ma anche un po’ più solo perché le grandi squadre come la mia Ignis per esserlo avevano bisogno anche di grandi avversari”.
E l’Arturo, presente tutti gli anni a Milano e in Italia, ma sempre e solo scaramanticamente per 18 giorni, tanti quanti il suo numero di maglia Simmenthal, confermando tutto dice: “I duelli con Dino erano il massimo perché eravamo due vincenti, due giocatori che si sarebbero fatti ammazzare piuttosto che uscire sconfitti. Non per niente a Dino ho invidiato due scudetti e le Coppe Campioni che, se non ci fosse stata la “Valanga Gialla”, sarebbero finite nelle nostre mani”.
L’uno contro tra “Zago” Zanatta e “Barabba” Bariviera, intermezzo di travolgente comicità, ha avuto anche la sua parentesi “a luci rosse” quando Zanatta ha raccontato: “Eravamo in Brasile durante un torneo con la Nazionale e Bariviera comprò un tanga da regalare a Mabel Bocchi (giocatrice-icona del GEAS anni ’70, nonché donna bellissima, ndr). Non essendo sicuro della taglia Renzo decise di provarlo su se stesso, ma dopo tre mesi di “tournèe” con la maglia azzurra e certi desideri trattenuti a stento, chiesi a Barabba di toglierlo immediatamente, altrimenti avrebbe messo a rischio la sua incolumità”.

Infine, per l’occasione, Papetti ha presentato la sua ultima iniziativa: una onlus chiamata “Overtime”, ideata per aiutare gli ex-giocatori che, per qualsivoglia motivo, oggi vivono qualche difficoltà.  “Un’iniziativa che – spiega Papetti -, prendendo lo spunto da situazioni analoghe già in uso anche nella NBA, vuole lanciare prima di tutto un segnale di solidarietà e di cultura sportiva. Il primo passo dell’associazione è stato l’accreditamento con la FIP, cui seguirà più avanti anche quello con il CONI. Siamo consapevoli che ci aspetta un lavoro duro e difficile perché occorrono fondi, idee e buona volontà, ma il primo sasso nello stagno è stato tirato con la speranza che nascano in fretta altre iniziative simili alla nostra. Sarebbe bello – commenta “Papo” -, replicare a Varese un Ignis-Simmenthal, ma strada facendo aggiungere Varese-Cantù (presenti non a caso Pierluigi Marzorati e Antonello Riva), Milano-Bologna, Bologna-Varese e via discorrendo. Il tutto a sfondo benefico e perché non vada mai disperso l’enorme valore del ricordo di atleti e impreso sportive che hanno fatto la storia della pallacanestro”.
Come dire: è il basket, bellezza!
E replicare: è la bellezza del basket! Che botta di… fortuna, averlo vissuto.

 

 

Massimo Turconi