Sulla panchina biancorossa, al fianco di Attilio Caja, ci sarà di nuovo Matteo Jemoli, di ritorno a casa dopo i due anni di esperienza a Trapani con coach Ducarello. A soli 28 anni, Jemoli può già vantare una lunga militanza in Pallacanestro Varese, compresa una parentesi da secondo allenatore quando Stefano Bizzozi sostituì Fabrizio Frates negli ultimi mesi della stagione 2013/2014. È proprio in questo ruolo, lo stesso che ha ricoperto a Trapani, che Matteo inizierà la sua seconda vita varesina.

In Pallacanestro Varese ritrovi tante persone che conosci e con cui hai lavorato. È come se non fossi mai partito?

«Alcune cose sono cambiate, a partire dal Palazzetto che è diventato più bello e più funzionale con i lavori che sono stati fatti in questi anni. Alcune persone sono le stesse di quando sono partito due anni fa e mi ha fatto grande piacere rincontrarle e vederle contente di tornare a lavorare assieme. Non parlo solo dei ragazzi dello staff, ma anche di quelli degli uffici. Non ci sarà bisogno per me di un così grande periodo di adattamento».

Come cambia il tuo ruolo rispetto a due anni fa?

«La differenza principale è il livello di responsabilità che sale di un pochino. Alla fine è il motivo per cui avevo scelto di partire: volevo cercare di salire da terzo e di crescere. Queste due stagioni in A2 mi hanno permesso di migliorare come persona e come allenatore. Ovviamente c’è la consapevolezza che le cose da fare e da imparare sono tante, per cui andiamo avanti così».

Dopo tanti anni a Varese, com’è stato seguire le vicissitudini della squadra da lontano?

«Era una sensazione strana dover vedere le partite in tele. La sconfitta in Coppa di due anni fa è stata quella che mi è dispiaciuta di più in questi due anni: sarebbe stato bello coronare il ritorno in Europa con una vittoria, ma il viaggio di quella stagione europea è comunque da considerare di buon livello. L’anno scorso, da fine febbraio in poi, era proprio bello vedere le partite: si vedeva una squadra che giocava assieme e si passava la palla».

Hai lavorato con Stan Okoye qui e a Trapani. Che ragazzo è e quanto è migliorato in questi due anni?

«È un ragazzo super perché porta sempre energia, si allena al massimo e mette grande intensità in tutto quello che fa. Ci darà una mano in campo dal punto di vista dell’atletismo e della corsa. Nelle due stagioni in A2 è cresciuto sotto il profilo realizzativo e ha aumentato la fiducia nei suoi mezzi in attacco: basti pensare che l’anno scorso ha segnato 17.5 punti di media con il 40% da tre ed è stato uno dei migliori stranieri del girone Est. Sono sicuro che lo troverò migliorato anche rispetto al pezzo di stagione che ha fatto a Trapani».

In questi anni hai anche collaborato alla stesura del libro La Saggezza della Pallacanestro. Che esperienza è stata?

«È andata bene, un’esperienza bella e intensa. Devo ringraziare Paola che ha fatto la parte più grande del lavoro, io mi sono limitato a darle una mano. È durata all’incirca tre anni perché mi sono spostato e potevamo comunicare meno. È un libro che racchiude al suo interno tanta passione per la pallacanestro, grazie alle testimonianze di personaggi di altissimo livello tra giocatori, ex giocatori, allenatori e giornalisti. Ognuno di loro è riuscito a dare un contributo importante per questo libro».

Filippo Antonelli