Molto varesina e proiettata verso la metropoli milanese: è la nuova Bustese Milano City, un club che ha cambiato nominazione e ragione sociale, trasformandosi in una srl, mantenendo però le sue radici e che guarda dritto al professionismo.I progetti, insieme all’organigramma, sono stati svelati stamane presso la GearTec di Legnano.
La Bustese del presidente varesino Giancarlo Piatti, dopo tanti anni di successi e un’unica stagione di sofferenza in Serie D, ha cercato la svolta e l’ha trovata in Stefano Amirate, varesino a sua volta ed ex legale del Varese 1910, e nel suo progetto. Quale? Quello di creare una terza squadra professionista, dopo Milan e Inter, a Milano. “Milano City è un’idea che si sta concretizzando – dice il neo direttore generale -. Attualmente la terza squadra milanese è il Brera che è in Promozione. Avevamo parlato anche con loro, eravamo anche abbastanza vicini, ma poi non hanno creduto nel progetto. A Milano c’è un buco importante perché a parte le due squadre di Serie A non c’è niente se non numerosissime società giovanili senza sbocco in prima squadra. Noi vogliamo costruire qualcosa di solido e Busto Garolfo è l’ambiente ideale. Tra i dilettanti sarà la nostra casa, poi ci sposteremo a Milano, città dove comunque attualmente manca anche uno stadio per la sola Serie D”.
Un progetto che Piatti, alla guida del club dal 2006 (in Prima Categoria), ha deciso di sposare: “In 11 anni ho consumato tante energie, anche economiche, e quest’anno ho capito che bisognava rimettersi in gioco per questo serviva l’ingresso di qualcuno che volesse qualcosa di più. Ho sempre creduto in un’Unione Sportiva Milanese che comprendesse tutte le squadre a nord di Milano: Inveruno, Bustese, Arconatese e lo stesso Legnano, ma è un progetto che non è riuscito a decollare perché vince sempre il campanilismo. A mio parere tutte queste squadre in D sono uno spreco di risorse. Con la metà del budget si farebbe tranquillamente la Lega Pro”.
Perché questa decisione? “Perché voglio regalare un’avventura diversa, un campionato di vertice e non di lotta alla salvezza”.
Bustese Milano City sarà prima squadra in D (con l’obiettivo dichiarato di vincere subito o al massimo in due stagioni) e Juniores, mentre il settore giovanile resterà in città anche in caso di promozione con l’Accademia Bustese che poi eventualmente potrà pensare ad una prima squadra. Occhio alla tradizione: per rispettare la storia della Bustese i colori sociali resteranno granata così come il logo non subirà modifiche, ma sarà semplicemente affiancato dal marchio Milano City.
La frangia più calda della tifoseria non l’ha presa bene. “E’ giusto che i 20 ultras si lamentino – dice Piatti -, ma in Eccellenza avevamo mille spettatori e in D meno della metà perché il pubblico lo attira i risultati. Una diffidenza verso chi viene da fuori è normale, ma non dobbiamo essere ipocriti, il business nel calcio ci sta, anche tra i dilettanti”.
“Vogliamo essere dei professionisti tra i dilettanti – ha aggiunto Amirante – e per questo ci siamo affidati a Marco Bof (dal Varese ndr) e Nicolò Ramella“, rispettivamente segretario generale e addetto stampa. Per l’area tecnica hanno invece scelto Roberto Verdelli (anche lui dal Varese), come responsabile, e Cusatis come allenatore. Sarà un mister con ampi poteri che prenderà anche le decisioni sul mercato.
Ma chi c’è dietro ad Amirante? “C’è Antonio Rosati (ex presidente del Varese ndr) che ha stimolato alcuni imprenditori a sposare questo progetto. Quest’anno ci aiuteranno come sponsor e non come soci”. La ripartizione delle quote? Come per legge sono ripartite in modo uguale tra 5 soci ognuno col 20 per cento, tra cui lo stesso Piatti che resta presidente.
Capitolo budget, quanto serve per vincere la D? “Non abbiamo il nome del Varese e i soldi di altre società, chi viene da noi è perché sposa il progetto – risponde il dg -. Il budget sarà adeguato all’obiettivo, di sicuro non serve un milione di euro”. A riguardo interviene anche Piatti: “Non ci saranno spese folli sul mercato. Un ’98 mi ha chiesto mille euro per essere confermato, una cifra che fa fatica a prenderla un mio dipendente. Per avere 4 soldi se li devono sudare, purtroppo c’è chi ha pensato di essere diventato campione del mondo e ci sono società che li promettono, ma poi a Natale smettono di pagare”.
Elisa Cascioli