Diciotto anni da due mesi, Giulio Mangano è un giovane e ottimo prospetto tra i pali. Abita con la famiglia a Caronno Varesino e nella stagione che si è conclusa da poco ha festeggiato non uno ma ben due scudetti con la maglia della sua amata Inter: il primo con la squadra Berretti, di cui è stato il portiere titolare, il secondo qualche giorno dopo con la Primavera. Un double, dunque, che rimarrà indelebilmente nei ricordi di un ragazzo che ha cominciato a parare da piccolissimo e che ora coltiva il sogno di sfondare nel calcio che conta, possibilmente in nerazzurro.

Non è da tutti vincere due campionati giovanili e tu ne hai vinti addirittura due in pochi giorni. Che emozione è stata?
“Sono felicissimo e lo sono ancora di più dato ho ottenuto questi successi con la mia squadra del cuore, l’Inter. Tra i due tricolori, ammetto di sentire più mio quello conquistato con la Berretti perchè ho giocato da titolare tutta la stagione. Siamo stati inseriti nel girone A composto da molte formazioni giovanili di club di Lega Pro e abbiamo dominato la regular season. Approdati con un percorso netto in finale, abbiamo sconfitto il Torino e mi sono preso una bella rivincita rispetto all’anno prima quando, con gli Allievi, ho perso lo scudetto di categoria contro l’Atalanta”.

Per quanto riguarda la Primavera, invece?
“Mi sono allenato tutta la stagione con la squadra Primavera allenata da mister Vecchi e ho ricoperto il ruolo di secondo portiere alle spalle del capitano nonché titolare Michele Di Gregorio. Non eravamo la compagine favorita per la vittoria finale, ma siamo cresciuti esponenzialmente nel nostro percorso e ci siamo meritati il titolo. La partita decisiva è stata quella di semifinale contro la Roma, che prima d’allora non eravamo mai riusciti a battere durante l’anno. Abbiamo disputato un match attento e quasi perfetto che ci ha portati in finale contro la Fiorentina. Il 2-1 contro i viola ha dato inizio alla grande festa”.

Qual è la partita di quest’ultimo anno che ti è rimasta più nel cuore? 
“Sicuramente la finale scudetto con la Berretti. Il Torino è passato subito in vantaggio, noi abbiamo pareggiato sul finale di primo tempo, ma per tutti i 45′ abbiamo faticato. Nel secondo tempo, però, ci siamo lasciati alle spalle la tensione, abbiamo cambiato marcia e abbiamo segnato il gol della vittoria. Negli interminabili minuti conclusivi, sono contento di aver contribuito a mantenere il risultato sul 2-1 con due parate decisive. Al triplice fischio è stata una liberazione: vincere dà una gioia incredibile”.

Ripercorrendo la tua carriera, dove hai cominciato a giocare a calcio? 
“Ho iniziato da piccolo come accade a moltissimi bambini. Avevo 6 anni e per i successivi 6 anni sono stato tra le fila del settore giovanile del Morazzone. Ho sempre voluto fare il portiere e fin da subito spontaneamente mi sono messo in porta; da allora non ho più cambiato ruolo.

Che cosa ti piace del tuo ruolo?
“L’essere portiere ti rende protagonista: sei vestito in modo diverso dagli altri compagni, hai dei compiti che nessun altro ha, hai la possibilità di essere decisivo con i tuoi interventi e hai la responsabilità di non poter sbagliare niente. In più ti butti, ti lanci e questo mi esalta molto”.

Dopo il Morazzone dove sei andato a giocare?
“A 13 anni sono passato alla Pro Patria e per due stagioni ho fatto parte della rosa dei Giovanissimi. Poi è arrivata la chiamata dell’Inter a cui non ho certo detto di no”.

Come è arrivata questa chiamata?
“Ho fatto alcuni allenamenti di prova in nerazzurro e un giorno il mio mister di allora alla Pro Patria mi ha comunicato di essere stato scelto dall’Inter. Sapevo che mi stavano seguendo anche altre squadre, ma non ho avuto nessun dubbio nel scegliere l’Inter. E’ la mia squadra e posso dire di aver realizzato un sogno”.

Come è stato l’arrivo all’Inter?
“L’Inter è una grandissima società e non posso nemmeno paragonarla alle altre. L’ambiente mi ha accolto bene e mi sono inserito senza particolari problemi prima negli Allievi Regionali, poi nella Berretti e l’anno scorso in Primavera”.

Se dovessi descriverti, che tipo di portiere sei?
“Sono alto e sfrutto tutti i miei centimetri soprattutto nelle uscite e nelle prese alte. Il mio modello di riferimento è Handanovic, lo stimo e mi auguro di diventare come lui un giorno”.

Anche Marco Pissardo, portiere del Varese Calcio della passata stagione, è Scuola Inter. Lo conosci?
“Molto bene. Mi allenavo insieme a lui quando facevamo entrambi parte degli Allievi e sono anche stato suo compagno di stanza l’estate scorsa durante il ritiro della Primavera”.

Pissardo ha fatto esperienza al Varese la scorsa annata. Dove ti vedremo nel prossimo campionato?
“Ho alcune proposte e le sto valutando insieme al mio club e alla mia famiglia che mi sostiene e mi supporta. Sicuramente andrò in una squadra per giocare da titolare e iniziare a farmi le ossa al di fuori di un settore giovanile”.

Laura Paganini