I soci fondatori dell'Usd Calcio Bosto con il notaio Vito Candiloro

Per il Bosto è un periodo ricco di iniziative e di grandi decisioni, come quella di riportare una prima squadra a Capolago dopo quasi quarant’anni. In un momento così cruciale per una delle realtà di riferimento del panorama calcistico varesino, risulta praticamente d’obbligo – per avere un quadro della situazione e dei princìpi che la società gialloblù propone come punti cardine della sua attività – recarsi da chi ha sposato il Bosto fin dalla fondazione.

Per parlare con Osvaldo Tonelli, che dell’Usd Calcio Bosto (squadra iscritta al campionato di Terza Categoria) sarà presidente, non può esserci cornice più adatta del Centro Sportivo di Capolago. Da buon padrone di casa, il neo-presidente ci accoglie con una battuta: «Vi devo raccontare la mia storia al Bosto? Quanto tempo avete? Non so se ci basta tutta la giornata…».

«Come spesso accade – attacca Tonelli – è partito tutto da un oratorio: giocavamo lì tra amici, con a capo Paolo Pozzi. Abbiamo vinto un torneo a Vedano e abbiamo deciso di incominciare questa avventura. Siamo partiti dai ragazzi e dal CSI e intanto si è aggiunta una sezione di pallacanestro. Nella stagione 1969/1970 è arrivata l’iscrizione alla FIGC e abbiamo costituito una prima squadra in Terza Categoria e una Juniores».

«Da quel momento in poi ci siamo molto ingranditi, con Fausto Pozzi che ha portato il NAGC [Nucleo Addestramento Giovani Calciatori, ndr] assieme a Vanacore, Tondini e Malnati. In quegli anni – spiega il presidente della nuova prima squadra – giravamo i campi del Comune e avevamo Giubiano come punto di riferimento. Avevamo bisogno di un centro nostro perché il numero dei nostri ragazzi cresceva di continuo, quindi abbiamo cominciato a comprare i terreni qui e a fare i lavori».

Queste storie sono spesso fatte di pionieri e di eroi e Tonelli definisce proprio come tempi eroici i primi anni del Bosto a Capolago: «Fausto Pozzi comprò dei pullman dismessi dalla Giuliani e Laudi e li dotò di stufette a gas: quelli erano gli spogliatoi. Qualcuno di inverno andava a fare la doccia dalle persone che abitavano qui nei dintorni. Sembra incredibile ripensarci oggi, considerando tutte le novità che sono state implementate negli anni in questo centro. Ultima in ordine cronologico quella dei campi in sintetico».

Prima Squadra Bosto Anni '70Il Bosto, per l’appunto, in quell’epoca pioneristica aveva anche una prima squadra: «Io facevo il giocatore ma non ero dotatissimo, per cui appena potevo – racconta Tonelli – facevo giocare gli altri e mi sedevo in panchina da allenatore. L’esperienza della prima si interruppe quando, per motivi di lavoro, non fui più in grado di allenarla. In quegli anni arrivammo anche in Seconda Categoria grazie ai risultati della Juniores e decidemmo di schierare solo ragazzi che uscivano dagli Allievi: facemmo il campionato con lo spirito dell’U.S. Bosto».

Lo spirito dell’U.S. Bosto non è una cosa astratta e gli esempi di persone che sono rimaste fortemente legate al club ne sono una dimostrazione: «Molti nostri ex giocatori di tanti anni fa portano qua i figli ed è una cosa che mi rallegra il cuore. Il nostro obiettivo è proprio quello di formare – spiega Tonelli – dei bravi ragazzi che, quando escono di qui, mantengano un buon ricordo degli anni passati al Bosto. Non è raro scorgere qualcuno, anche tra i genitori dei nostri attuali ragazzi, che va a cercare la foto della sua squadra dell’epoca sulla scala del bar».

In più di cinquant’anni Tonelli ha visto passare migliaia di ragazzi e ha vissuto anche alcuni cambiamenti di filosofia all’interno della società gialloblù: «La nostra prerogativa è che siano contenti i ragazzi: magari prima facevamo delle scelte, adesso invece facciamo un numero di squadre proporzionale al numero di iscritti proprio per non dover tenere fuori nessuno. Il nuovo progetto Crescere in Gialloblu ci consentirà di ampliare anche le fasce di età presenti nei nostri ranghi».

Ultima, ma non in ordine di importanza, c’è la decisione di ricomporre una prima squadra: «I nostri ragazzi erano costretti ad emigrare e in tanti ci hanno suggerito questa strada. Vogliamo che la prima squadra sia principalmente composta da bostesi. In fondo anche con gli istruttori – afferma Tonelli – stiamo decidendo di puntare su elementi costruiti in casa. La nostra forza è il legame tra i ragazzi e la società: in molti ci hanno detto di essere disposti a rinunciare a categorie superiori per tornare qui».

«Io sarò il presidente – conclude Tonelli – e con questo ruolo posso dire di averli fatti tutti all’interno del Bosto: è una cosa che mi fa molto piacere. Così come sono orgoglioso di riportare qui ragazzi che hanno giocato sul campo in sassi prima che facessimo il sintetico e che magari sono anche figli o nipoti di quelli che quarant’anni fa si cambiavano nei pullman. È un legame storico che si ripete e si rinnova».

E Osvaldo Tonelli, figura di riferimento per quasi un cinquantennio di calcio – soprattutto giovanile – bostese e varesino, è proprio colui che meglio incarna questo legame tra il Bosto e chi ne fa o ne ha fatto parte.

Filippo Antonelli