Dove non possono le opinioni, arrivano certamente i numeri. La Pro Patria è di una spanna la migliore formazione del campionato. Lo certificano la testa della classifica (con una gara in meno rispetto alle coinquiline Rezzato e Darfo), la singola rete incassata in 450’, lo status di imbattuta (unica nel Girone) e la personalità con cui (anche ieri o soprattutto ieri) si è sbarazzata di un avversario scomodo come forse nessuno in questo avvio di stagione. Il Crema battuto di misura ha giocato per almeno mezz’ora un calcio alieno alla categoria. Per velocità e qualità dell’esecuzione. Peccato per i nerobianchi che le gare durino tre volte tanto. Concetto ben più chiaro alla truppa di Javorcic che ha mandato al tappeto il contendente dopo averne saputo incassare i colpi. Oggi le chiamano vittorie sporche. Ma i tre punti sono comunque pulitissimi.

Ma proprio quando fuori c’è il sole, conviene sempre ricordarsi che può sempre piovere (citazione di Bertoldo, non certo di Mazzarri). Cioè? Banalmente (e nonostante i 13 punti su 15), qualche magagna (come il diavolo) è sempre nascosta nei dettagli. Quali?
La prima è chiaramente un paradosso. La Marito dipendenza. Sei reti su otto (quattro decisive per dieci punti) portano la firma di Santana. Solo il successo sulla Romanese ha visto anche marcatori diversi dal patagonico. Finché dura siamo a galla. Ma prima o poi (meglio prima che poi) qualcuno dovrà pure raccoglierne il testimone.
La seconda coinvolge il sistema di gioco. 3-5-2 o 3-4-1-2? Con Disabato è una cosa. Con Pedone (va da sé) un’altra. Soprattutto se il Pedo (come occorso ieri nel primo tempo) fatica a trovare la sintesi tra il piano tattico pre partita e quanto invece avviene poi realmente in campo.

Il battuto di ieri Sergio Porrini a fine gara ha osservato (più o meno) amaramente: “In queste categorie provare a giocare al calcio può essere controproducente”. Lasciando intendere che una delle principali qualità della Pro Patria attuale è farlo sono quando è funzionale al risultato. Filosofia che ricorda da vicino quella del Monza dell’anno passato. Che possa finire allo stesso modo, più che un auspicio rischia di diventare una previsione.

Giovanni Castiglioni