Tra le persone che hanno segnato l’ultimo decennio in casa Pallacanestro Varese c’è Marco Armenise, preparatore atletico di lungo corso all’interno del club. Anche quest’anno Armenise affianca Attilio Caja e il resto dello staff tecnico per coordinare il lavoro fisico e atletico.
Un’avventura, quella di Armenise a Masnago, che è iniziata dieci anni fa: «Quando ho ottenuto la laurea specialistica a Milano ho chiesto di poter collaborare: la società, con Vescovi general manager, si stava ristrutturando e voleva fondare le basi su persone del posto che potessero portare alla causa competenze, energia e voglia di fare. Ho iniziato quindi al fianco di Cecco Lenotti, il preparatore della Stella, che però lasciò l’incarico a stagione in corso per motivi personali. Il primo anno fu molto positivo, con la promozione in A1».
In questi anni di attività, Armenise ha spesso battuto il tasto sull’evoluzione che la professione di preparatore atletico ha attraversato in tempi recenti: «Qui a Varese abbiamo avuto Enrico Arcelli che è stato un po’ il fondatore della preparazione. Dagli inizi ad oggi sono stati sfatati un po’ di miti: la preparazione non è come riempire una bottiglia da svuotare durante l’anno. È un momento per sviluppare le basi che dovranno dare altri frutti nel corso della stagione».
«Bisogna avere come obiettivo una continua crescita dell’atleta, questa è l’idea di base da cui nasce la preparazione. Poi ci sono stati altri cambiamenti: quando le squadre – prosegue Armenise – erano composte principalmente da italiani si cominciava già da luglio, ora invece ci si trova a metà agosto e perciò è impensabile non usare la palla per settimane. La priorità principale è sempre quella di costruire una squadra di pallacanestro».
Nelle due precedenti stagioni Varese ha avuto il doppio impegno campionato-coppa, una circostanza che non si è ripetuta quest’anno: «Tra doppio e singolo impegno, in fase di preparazione, in realtà cambiano solo le tempistiche: l’anno scorso – racconta il preparatore biancorosso – abbiamo dovuto anticipare per il preliminare. La preparazione cambia invece in base agli atleti, non c’è una standardizzazione. Bisogna valutare le caratteristiche, le condizioni ed eventuali infortuni pregressi. Ogni giocatore parte da un suo punto di partenza, non si può usare lo stesso programma per tutti».
Per la terza volta, dopo le esperienze delle stagioni 2014/2015 e 2016/2017, Armenise lavorerà al fianco di Attilio Caja: «È famoso per essere un allenatore che crede nel lavoro a 360 gradi e mette regole. Il lavoro fisico non è sfruttato da tutti allo stesso modo: c’è chi dedica più tempo e chi ne dedica meno, è una scelta come tutte le altre. Attilio è uno che prende tutto, non si tira mai indietro quando si tratta di lavorare. Da parte mia le basi per cercare di contribuire alla riuscita dell’obiettivo ci sono tutte».
«Non c’è rammarico ad esempio – spiega Armenise – per il risultato contro Venezia: è stato fatto tutto nel migliore dei modi dal punto di vista di organizzazione, metodo di lavoro e impegno dei giocatori, un qualcosa rispecchiato anche dai risultati dei tornei estivi. Poi le partite dipendono da tante cose, sono un’interconnessione tra fattori tecnici, mentali e fisici».
Come si lavora quando il gruppo è in gran parte nuovo? «In questi casi la priorità dev’essere – risponde il preparatore – la costruzione degli aspetti tecnico-tattici. Io, assieme al fisioterapista, all’osteopata e al medico dello sport, cerco di conoscere i ragazzi per aiutarli ad esprimersi al meglio. Alcuni risultati richiedono tempo, non possono essere ottenuti nelle otto settimane di prestagione. Bisogna saper sopportare la pressione, non cercare di fare troppo, evitare di portare i giocatori oltre il limite e capire quale lavoro c’è ancora da fare».
Settimana scorsa Armenise ha aperto una pagina Facebook (Marco Armenise – Sports Science Zone) dedicata ai non addetti ai lavori: «Qua a Varese mi chiedono spesso informazioni e consigli sul mondo del fitness e ho voluto provare un progetto nuovo: ritengo che i social media siano una opportunità se sfruttati nel modo giusto. Il mio programma è quello di pubblicare video brevi che riguardino alcuni argomenti di interesse, come per esempio nuove ricerche».
«È un modo – conclude il preparatore atletico della OJM – per restituire qualcosa di quello che ho acquisito durante il mio percorso professionale. La scienza dello sport mi appassiona moltissimo e spero possa appassionare tanti altri. Bisogna capire che nello sport c’è il problema del si è sempre fatto così e a volte si trascura il fatto che l’individualità è la chiave: lo stesso stimolo dato a dieci persone diverse darà almeno sette risultati diversi. Per questo bisogna sempre aggiornare e rimanere aggiornati».
Filippo Antonelli