Atletismo, energia e difesa: i tifosi di Varese ricordavano principalmente questo dello Stan Okoye visto in biancorosso nella stagione 2014/2015. All’epoca Stan aveva 23 anni ed era alla sua prima esperienza in Europa. Lo statunitense di passaporto nigeriano si è poi fatto le ossa in Legadue, vestendo in due stagioni ad alto rendimento le maglie di Matera, Trapani e Udine. Varese ha puntato sulla sua crescita e fino ad ora l’investimento ha avuto esiti positivi: Okoye ha dimostrato di essere migliorato tantissimo rispetto alla sua prima vita biancorossa ed è oggi anche un attaccante di tutto rispetto.
Come sta andando la tua stagione finora? È stato facile riabituarsi alla Serie A?
«Per ora sto giocando bene, ma penso che potrei fare ancora meglio per aiutare la squadra quando ha bisogno. Mi piacerebbe fare qualche giocata decisiva in più in difesa. L’impatto con la Serie A non è stato affatto complicato, ma questo perché mi sono preparato bene negli ultimi anni per farmi trovare pronto. Il mio obiettivo era quello di tornare nel massimo campionato e di essere competitivo a questi livelli, per cui per me era fondamentale sfruttare ogni opportunità. Ho sempre avuto molta fiducia in me stesso e ho sempre creduto di potercela fare».
Miglior marcatore della squadra in sei gare su nove: ti senti un po’ il leader offensivo di Varese?
«Non saprei sinceramente: per come è impostato il nostro sistema, ogni giocatore ha la possibilità di diventare il miglior marcatore in una singola gara. Speriamo che questa situazione possa avversarsi presto, per ora non stiamo probabilmente rendendo al nostro meglio. Io personalmente ho avuto la fortuna che i miei compagni siano riusciti a innescarmi e a crearmi situazioni favorevoli e tiri aperti».
A Pesaro la sconfitta è arrivata nei primi venti minuti. Cosa è andato storto?
«Non abbiamo gestito bene i possessi e abbiamo anche sbagliato qualche conclusione facile. Ci siamo presi alcuni tiri aperti, costruiti nel modo in cui volevamo, ma li abbiamo falliti. È fondamentale concentrarsi sulla circolazione, soprattutto quando il punteggio e le percentuali non sono dalla tua parte: non ti puoi permettere palle perse in quei frangenti di gara».
La gara con Capo segna il raggiungimento di un terzo di stagione. Cosa pensi del rendimento di squadra fino ad ora?
«Penso che stiamo rendendo al di sotto di quelle che sono le nostre aspettative personali: noi siamo convinti di poter fare meglio di così. Siamo undicesimi, ma ci sono state almeno tre partite in cui abbiamo perso nel finale. Vincere qualcuna di queste gare avrebbe cambiato decisamente la nostra classifica e ci avrebbe permesso di stare tra le prime sei. Dobbiamo essere bravi adesso a riprenderci nelle prossime gare e a non lasciarci più sfuggire alcuna opportunità. Se riesci a competere per tutti e quaranta i minuti può succedere di tutto: dobbiamo migliorare nell’esecuzione e avere più fiducia in noi stessi».
Sfidando Capo ritrovi Eric Maynor. Com’è stato giocare con lui e quale valore aggiunge alla sua nuova squadra?
«Probabilmente è stato il miglior giocatore con cui io abbia mai giocato: è un veterano, ha grande esperienza ed è un playmaker di altissimo livello. Tutti conoscono quello che è in grado di fare. A Capo d’Orlando porterà leadership in attacco: migliora i giocatori che stanno attorno a lui e sa sempre come metterli nelle condizioni migliori per giocare. Oltretutto è un buon realizzatore e un grande compagno di squadra. Sono contento che sia tornato in Italia, gli auguro il meglio».
Quali sono le chiavi di questa sfida?
«Non c’è niente di più importante di noi stessi: la partita non sarà decisa da quello che faranno o non faranno gli avversari, ma semplicemente dalla nostra capacità di lottare e di rimanere concentrati o meno per quaranta minuti. Non possiamo giocare bene solo uno o due quarti. Ho visto giocare Capo d’Orlando e non penso che sia una squadra tanto diversa da quelle che abbiamo già affrontato, dipende tutto da noi».
Filippo Antonelli