Nella categoria Giovanissimi 2003, il girone A della fase Provinciale ha visto chiudere appaiati in testa alla graduatoria Varese e Morazzone, con i biancorossi, guidati da Giancarlo Calvia, ad aggiudicarsi la prima piazza per la migliore differenza reti, a fronte di 8 vittorie, un pareggio, nessuna sconfitta, 90 gol segnati e solo 3 subiti.
Com’è andata questa prima parte di stagione del suo Varese?
“È una squadra che ho la fortuna di allenare dalla passata stagione, costruita con la prospettiva di poter competere nei campionati di livello professionistico: c’è qualità. Tra la scorsa stagione e quella attuale ci sono stati degli innesti e delle partenze, al netto delle quali abbiamo proseguito positivamente il percorso. Sono ragazzi che nel corso di questo biennio stanno facendo bene e avendo visibilità. Alcuni di loro hanno fatto dei provini in società professionistiche, altri sono stati convocati dalle Rappresentative di categoria sia di ambito Regionale sia Provinciale”.
La sua squadra come nella passata stagione ha ottenuto il passaggio alla Fase Regionale. Come sta preparando i suoi ragazzi a questo impegno?
“Durante queste festività natalizie stiamo andando avanti a fare dei richiami di preparazione per essere pienamente in forma tra un mese circa, anche se il campionato inizierà il 14 gennaio”.
Nel percorso di crescita dei suoi ragazzi, come valuta la partecipazione al campionato provinciale?
“Senz’altro per ritmi e intensità di gioco non ci ha aiutato. Pur non volendo, però, finisci per adeguarti. Abbiamo compensato con dei test match contro squadre professionistiche nei quali abbiamo fatto bene, tenendo il confronto dal punto di vista tecnico, anche se, la poca abitudine a giocare a certi ritmi, nel corso della partita, emerge. Per alcune realtà come la nostra, i campionati di livello provinciale non aiutano a migliorare”.
Una parte degli addetti ai lavori vorrebbe una riforma dei campionati giovanili, lei sarebbe d’accordo?
“Certamente, anche se mi rendo conto che non è facile tenere insieme tutte le esigenze delle varie società calcistiche”.
Ha qualche spunto propositivo?
“Si potrebbe considerare, per le formazioni di settori giovanili con una certa tradizione e per quelle che sono espressione di società che militano nei campionati semiprofessionistici, la possibilità di fare un campionato di élite, paragonabile al livello regionale. Attualmente c’è troppo divario tra le squadre costruite per il livello regionale e quello provinciale, con riflessi negativi nel percorso di crescita dei ragazzi e per l’intero movimento calcistico provinciale. Le mie parole sono, purtroppo, confermate dalle difficoltà che incontrano le squadre della nostra provincia quando si confrontano con società di Milano”.
A suo avviso quali le cause di queste differenze qualitative?
“Uno degli aspetti che agisce negativamente su tutto il movimento giovanile nostrano è il fenomeno che vede concentrarsi il tesseramento di molti ragazzi in poche società. Personalmente sarei favorevole a mettere un limite. Mi spiego, se sei una società di élite non fai tre squadre con 60-65 ragazzi, ma nei fai una con quelli che reputi migliori. La presenza di tanti atleti in poche squadre produce due effetti negativi: il primo, che alcuni ragazzi giocano poco, meno di quanto potrebbero e, quindi, migliorano meno; secondo che si impoveriscono le altre realtà che non riescono ad avere squadre competitive e neanche con numeri adeguati. Sullo sfondo lo spostamento dei ragazzi, con società che vengono depredate dei loro tesserati. Tutto questo non fa che abbassare il livello dei campionati provinciali e con essi la crescita dei ragazzi”.
Come si spiega questa concentrazione di tesserati in poche società?
“Dietro tale fenomeno ci sono, quasi sempre, le aspettative dei genitori, a loro volta frutto della cultura del risultato. Troppe società, infatti, guardano unicamente al risultato, in quanto ritenuto fonte di visibilità e prestigio, quindi, fattore capace di attirare le famiglie e i ragazzi a iscriversi da loro. Da una parte non è giusto biasimare troppo le società perché i costi sono tanti e l’apporto delle Amministrazioni è quasi nullo, ma facendo una riflessione sull’intero movimento, la cultura del risultato, nella quale facciamo crescere i ragazzi, è negativa per il loro percorso formativo. Oggi viene data importanza a vincere un campionato della categoria Pulcini o Esordienti a discapito dell’apprendimento del giovane calciatore, questo solamente per la logica del risultato. Per quanto mi riguarda, se ho vinto il campionato Pulcini ma non ho preparato il giovane a poter compiere i futuri passi del percorso, in realtà ho perso, ho mancato l’obiettivo”.
A quali aspetti dare importanza, quindi, nell’attività giovanile?
“Sicuramente all’insegnamento della tecnica di base, con allenatori veramente interessati al calcio, in grado di correggere gli errori. Si vedono squadre di Pulcini ed Esordienti che fanno il pressing, ma con i bambini che fanno fatica a controllare il pallone. Poi, a mio avviso, si dovrebbe lavorare su un disegno più organico del percorso nei settori giovanili all’interno del quale, nel rispetto delle fasi di crescita, vengano definiti gli ambiti allenati in ogni categoria in modo da dare maggiore consapevolezza agli allenatori del bagaglio tecnico ed esperienziale dei ragazzi che allenano”.
RISULTATI E CLASSIFICA GIOVANISSIMI 2003 GIRONE A
Marco Gasparotto