Se Ligabue, anziché allo sport della palla al piede, avesse dedicato al basket la sua canzone sul “mediano” quale emblema del giocatore di fatica indispensabile per il successo di una squadra vincente, pochi dubbi che avrebbe costruito il brano intorno alla sua figura.

Non che Sandrino De Pol avesse doti atletiche e tecniche di secondo ordine, nell’annata magica del decimo scudetto ha avuto però in particolare quel merito: essere uno straordinario collante sia nello spogliatoio, sia sul parquet. Un’atleta, ma soprattutto una persona in grado, col suo surplus di sforzo fisico e mentale, di mettere quelle pezze indispensabili per fare dell’abito di quei Roosters una trama fitta e impenetrabile agli avversari. Insomma, per dirla a tutto tondo, un compagno ideale per completare al meglio il talento ma anche la sana pazzia del Poz e dare al Menego junior quella mano indispensabile per rendere di successo quel quintetto.

Prima di ritornare a vestire la maglia biancorossa tra il 2003 e il 2008, De Pol visse infatti da protagonista le due stagioni 1997/98 e 98/99 che culminarono nel trionfo della notte della stella.

Il suo era un basket fatto di grande atletismo, ma anche di una velocità d’esecuzione rara all’epoca per un giocatore di 204 centimetri. Cresciuto a Trieste, guarda caso parlando lo stesso dialetto di Pozzecco, e poi svezzato da coach Tanjevic cui regalò, sempre nell’annata 1999, anche il titolo continentale quando Boscia allenava la Nazionale d’Italia agli Europei di Parigi, “Manera” De Pol giunse a Varese grazie a una magata del duo dirigenziale Edo Bulgheroni-Gianni Chiapparo: come sarebbe successo l’anno dopo anche per Galanda, approfittarono di qualche problema con la società d’appartenenza, nel caso di Sandrino era Milano, per ingaggiarlo in prestito.

Il suo arrivo fu un passaggio importante nel salto di qualità di quel gruppo, permettendo altresì a Charlie Recalcati, che sedeva in panchina, di impostare un gioco fatto di rapidità, antesignano rispetto ai tempi. Una sorta di “small ball”; per dirla col linguaggio cestistico di oggi, dove De Pol fungeva da secondo lungo in grado di colpire dalla distanza, ma anche di battere in penetrazione avversari spesso più lenti di lui. Guardatevi il video del 3-0 dei playoff ’99 contro la Benetton se ne volete una conferma. Quella sera Sandrino fu anche il miglior realizzatore, segnando 21 punti.

Doti e qualità da lui già evidenziate nella sua prima stagione varesina, conclusasi senza trofei ma foriera di successi futuri. Così, nell’undicesima giornata del girone di ritorno 1997/98, nella vittoria interna contro Siena per 74 a 65, il suo contributo fu di una “doppia doppia” da 16 punti e 10 rimbalzi.

Non siete ancora convinti che poteva, anzi può tuttora, essere un personaggio da canzone di Ligabue?

Antonio Franzi