Un piccolo (inutile) passo per il Lecco. Un grande passo per la Pro Patria. L’allunaggio Serie C è una questione di orbite. E che tra quella tigrotta e quella bluceleste ci potessero essere altri incroci gravitazionali dopo il Big Bang del 7 gennaio, più che una coincidenza è un  preciso segno del destino. Poi chi ci vorrà ricamare sopra, si accomodi. Anche perché gli argomenti (sportivi e giudiziari), non mancano di certo. Ma non parliamo di favori. Perché non si arriva a 73 punti a colpi di spintarelle. Semmai è beffardo come al Rezzato Stadium sia maturato l’unico risultato (il pari) che non serviva a nessuno. Tranne alla Pro Patria chiaramente. Il diavolo (come sempre), si nasconde nei dettagli.

Fatta? Quasi. Avverbio messo lì non certo per caso. Come dimostra quella faccia un po’ così esibita da Ivan Javorcic a fine gara. E’ stata realizzata la cosa più difficile. Cioè neutralizzare il vantaggio della capolista (ora solo virtuale). Ma adesso va completata l’opera. Battendo Ciliverghe e Darfo. Con particolare attenzione alla pratica gialloblu. Per ragioni geografiche (Mazzano è separata da 3 km scarsi da Rezzato). E per motivi contingenti (la salvezza dei ragazzi di Carobbio non è ancora sorretta dall’aritmetica). Servirà una prestazione di livello. Nessun dubbio che la vedremo.

La Pro Patria non segnava 5 gol dal 9 febbraio 2013 (2-5 a Monza in una stagione poi terminata con la promozione in Prima Divisione); Santana non entrava nel tabellino dal 26 novembre (altra doppietta con il Trento); Cottarelli non bussava due volte dall’età di 12 anni. Tre indizi che fanno la prova della singolarità (anche statistica) del pomeriggio di beneficiata con il Levico. Non sarà certo la manita contro i termali a cambiare indole e numeri complessivi della squadra. Ma dimostrare che c’è vita oltre gli 1-0 casalinghi, è cosa buona e giusta per i valori (e l’autostima) del gruppo. Prima ancora che per chi ne argomenta da fuori.

Ma se c’è una cosa che rimarrà davvero tatuata sottopelle, sono i 7 minuti di recupero di Rezzato vissuti in uno “Speroni” in silenziosa attesa di buone notizie. Spaccato naif di un calcio anni ’70. Terapia di gruppo o rito collettivo? Beh, facciamo sociologia spiccia che solo il pallone (anche a questi livelli) sa regalare. O ancora (per chi preferisce chiavi di lettura più sofisticate), l’unico confronto diretto vinto quest’anno dalla Pro Patria. Il più importante. Ovvero, quello sui nervi. Perché la pressione logora chi ce l’ha. Dopo Caravaggio e dopo Trento avevamo dubitato. Ma mai come questa volta, essersi sbagliati è più confortante che averci preso in pieno.                                      

Giovanni Castiglioni