Amici, una nuova rubrica per tenervi compagnia. Non solo sport. Spazieremo dalla Musica al Futebol Sambado, passando per la Storia e la Mitologia. Insomma, quel Caccia che vuoi. 

E partiamo col freddo becco di questi giorni che ci riporta alla mente le Olimpiadi invernali che hanno il merito di condurre l'attenzione del pubblico, troppo spesso lobotomizzato da fattorie e isole più o meno famose, verso discipline sportive affascinanti, short-track emozionanti, pattinaggio di figura, improbabili curling e decisamente entusiasmanti freestyle. Persino gli episodi di fair play hanno assunto caratteristiche olimpiche, dipinti da lacrime di gioia o frustrazione, caricati di significati ad uso e consumo del momento.
Le Olimpiadi celebrano il podio. Salire sul gradino, anche il più basso, e vedere la  bandiera del proprio paese sventolare, ripaga l'atleta di ogni sforzo, sacrificio, fatica. Ma non è così per tutti. Ricordo a Torino gli straordinari atleti brasiliani del bob a quattro, disciplina tipica del paese sudamericano, ululare di gioia al termine della prova olimpica, nonostante si fossero ribaltati dopo un secondo dalla partenza ed avessero tritato con i caschi il ghiaccio della pista per tutto il percorso. Attesa, gioia, speranza, fair play da eccitazione, sentimenti comuni ad ogni atleta prima della prova. Terrore puro, invece, circondò il cuore di uno scultore peruviano incappato, suo malgrado in una colossale cantonata durante la cerimonia di inaugurazione del campo di calcio di una delle maggiori Favela di Sao Paulo, in Brasile. Dopo mesi di duro lavoro e di fatiche erculee per reperire i danari sufficienti, finalmente tutto è pronto per consegnare alla favela il tanto sospirato campo di calcio. La religione, il Carnevale ed il futebol formano una Santa Trinità della cultura popolare brasiliana e qualsivoglia struttura, sportiva, commerciale od abitativa, va rigorosamente consacrata. Bande musicali, gruppi di capoeira, scuole di samba insieme alle più alte autorità cittadine sfilano in pompa magna per celebrare degnamente l'evento. Alcuni calciatori, che in passato vestirono la casacca della nazionale verdeoro, dal palco mostrano la loro soddisfazione, i bambini salutano con urla festose il tanto sospirato spazio sportivo. La cerimonia prevede la scopertura della statua che raffigura Yemanjà, la dea del mare, sincretizzata con Maria Ausiliatrice, alla quale il campo di calcio è consacrato. La statua è opera di un artista minore peruviano, discreto scultore, poco avvezzo alle magie calcistiche, pressoché sconosciuta l'esistenza di campionati, certamente più a suo agio con liquori di varia natura. Terminati i discorsi di rito, il pronipote di Bacco si appresta a calare il telo che copre la sua opera. Pregusta ovazioni, inni di saluto, peana di riconoscenza. Cade la copertura. Un freddo polare pervade i presenti. Sgomento. Terrore. E poi rabbia. Il pover'uomo non capisce, deve solo fuggire, inseguito persino dalla Polizia animata da fair play da sberle. Non capendo un accidente di calcio, aveva dipinto sulla statua la maglia del Boca Junior, squadra argentina, acerrima nemica proprio dei paulisti.

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