Gianfranco Ponti è entrato nel CdA di Pallacanestro Varese nell’estate del 2017 e si è preso carico della gestione del settore giovanile, con l’obiettivo dichiarato di riportarlo ad un livello di élite. Nella passata stagione sono state poste le basi del progetto che Ponti ha in mente per le giovanili biancorosse e le operazioni procederanno a pieno regime anche in questa annata.

Qual è il bilancio di questa sua avventura fino ad ora?
«Stiamo cambiando progressivamente le cose dal punto di vista organizzativo: dal punto di vista tecnico gli allenatori che c’erano sono già di alto livello, ne abbiamo aggiunti altri. Io mi impegno molto, ma sono qui solo due giorni ogni quindici: il grosso del lavoro viene svolto da Colombo, Rusconi e Milan Josic. Quest’anno, poi, c’è stata da subito grande sinergia con il nuovo general manager Andrea Conti. Non è stato tutto positivo, ovviamente: Varese è da un po’ di anni fuori dai radar dei settori giovanili, quindi bisogna riacquistare credibilità presso gli allenatori e i ragazzi. È un lavoro all’interno e all’esterno, anche di comunicazione. Vogliamo essere un settore giovanile di riferimento in Italia».

Quali sono le novità previste per questa stagione?
«Essendo riapparsi alle finali nazionali e nei tornei e campionati interregionali, adesso tutti sanno che siamo tornati. Sto incontrando consulenti e dirigenti di altre società perché bisogna mettere in piedi un network, anche al di fuori della nostra provincia. Ci dobbiamo muovere anche sulla Liguria, sul Piemonte, sul nord-est. Per la verità ci stiamo muovendo anche sull’estero perché possono giocare anche due stranieri, quindi il nostro progetto è quello di avere 14/15 ragazzi per gruppo con due o tre stranieri. I giocatori, però, bisogna riuscire a reclutarli: i consulenti si sono accorti di noi e ci stanno contattando. Poi c’è il problema della foresteria, ma qui è una questione politica: Stato, Regione e Comune ci devono dare una mano».

Quali sono gli obiettivi a breve e medio termine?
«Servono risorse umane e finanziarie. Adesso stiamo trasformando la società dilettantistica che avevamo e che ha cambiato nome in Varese Academy: stiamo chiedendo di ottenere il titolo di società satellite della Pallacanestro Varese. È un primo passo anche in un’ottica di aumento delle risorse a disposizione: Varese, a causa delle ristrettezze economiche, aveva un budget insufficiente per il settore giovanile. Noi già quest’anno stiamo garantendo un investimento superiore del 50% rispetto all’anno scorso, speriamo di riuscire a raddoppiare la cifra della passata stagione entro qualche anno. Ci diamo poi tre anni per iniziare a produrre giocatori da Serie A: questo non vuol dire che da un gruppo di 12 o 13 ragazzi ne debbano uscire 12 o 13 da Serie A, ma due o tre sì. Gli altri, a scendere, devono poter puntare all’A2 o alla B».

E sul campo quali conseguenze sta avendo e avrà questo progetto?
«Questo primo anno è stato sorprendente: abbiamo fatto le finali nazionali con l’Under 13 e con l’Under 18, ma comunque tutte le nostre squadre hanno fatto bene. In settimana siamo stati premiati da Petrucci e dal presidente regionale Bellondi proprio per la partecipazione alle finali di U13 e U18. L’obiettivo è di fare ancora un po’ meglio, ma i risultati valgono quello che valgono perché, come dicevo prima, il nostro obiettivo vero è quello di produrre giocatori da A1».

Filippo Antonelli