Nel suo “Splendori e miserie del gioco del calcio”, Eduardo Galeano scrive: “Ci sono alcuni paesi e villaggi del Brasile che non hanno una chiesa, ma non ne esiste neanche uno senza un campo di calcio”. Bene, a Busto le chiese non mancano. Ma tra le tante canonizzate al culto del Signore, ce n’è una (laica) da sempre consacrata ad una religione decisamente più terrena, il football. Allusione allo “Speroni” (ex Comunale) che dal 1927 è il teatro (o l’altare?) su cui si celebrano le audaci imprese della Pro Patria et Libertate (ora Aurora Pro Patria). Cioè la squadra (componenti tecniche e societarie), e i suoi tifosi. Un popolo in cammino verso una terra promessa dai tratti più spesso umani che strettamente sportivi. E allora perché non intrecciare la parabola personale dell’ex attaccante con quella dell’ultras curvaiolo, la storia di confine dell’abbonato da sempre con quella dell’indimenticato presidente? In ordine sparsissimo, da Pio Mara a Matteo Serafini passando per Peppino Mancini e Lele Magni. Vite parallele (ma qui Plutarco ed MTV non c’entrano nulla), accomunate dall’insolito destino di custodire nel petto un cuore che batte biancoblu. Idea semplice (persino ovvia), ma che come tutte le idee semplici (persino ovvie), prima non era venuta a nessuno (almeno a livello locale).

Copertina 100 anni di proIl colpo d’ingegno è farina del sacco di Carlo Albè, Scrittore&Contastorie appassionato tigrotto per diletto, penna abrasiva e voce impostata un po’ per palco e un po’ per professione. Con la sponda dell’Associazione omonima del presidente Luca Calloni è andato così alle stampe 100 anni di Pro, raccolta di ritratti corredati dalle introduzioni tecniche di Giovanni Castiglioni (e dalle foto di Emanuele Reguzzoni e Giovanni Garavaglia) con il chiaro scopo di lanciare la volata al centenario prossimo venturo (2019). 102 racconti (auto)biografici (sì perché 100 sarebbe stato banale) che sono in realtà 102 tessere utili a formare il puzzle della variegata fauna calcistica bustocca. Un terzo di ricordi certificati, un terzo di aneddoti verosimili, altrettanto di memorie in libertà. Completati dall’immancabile scorzetta di magone. Una miscela alla portata del fegato di tutti. E sempre nel rispetto del vecchio adagio del giornalismo anglosassone: “Mai rovinare una bella storia con la verità”.

L’opera (con faccia tosta pari all’entusiasmo) verrà presentata martedì 4 dicembre alle 20.45 nella Broadway di Busto Arsizio, il Teatro Sociale di Piazza Plebiscito (ingresso libero sino ad esaurimento posti), in una serata condotta da Fabio Tavelli di Sky Sport. Punto di caduta della stessa il reading degli autori accompagnato dalla musica di Roberto Fazari e puntellato da 7 racconti in cui i protagonisti saranno tali tanto sulla pagina stampata quanto in carne e voce sul proscenio. Metateatro, insomma. I poco avvezzi alla materia non avranno difficoltà ad afferrarne il senso assistendo alla performance. Per completezza di informazione, i patrocini istituzionali (Comune di Busto, Fondazione Comunitaria del Varesotto, Aurora Pro Patria) e la finalità benefica (La casa di Chiara, APAR, Ability Apnea), coniugano lo spirito dell’evento.

Brevi estratti tanto per vellicare la curiosità.
 “Ci sono state delle volte in cui la smania di tifare era talmente feroce da farmi interrompere il pranzo e presentarmi ai botteghini ancora chiusi, acquistare il biglietto popolari “numero uno”, e poi mettermi a sedere, guardare il tappeto verde ancora sguarnito e aspettare. E fa niente se poi sarebbe andata in scena una partita squallida, col tempo ho imparato a vivere il calcio con l’animo inglese…”.

Cosa potevo volere di più da una carriera simile? Nulla, o forse tutto. Forse è proprio nel momento in cui hai indossato maglie pesantissime che puoi anche permetterti di tornare in campo, rimetterti in forma e prendere per mano una squadra in crisi”.     

Il primo (va da sé) è un tifoso. Il secondo, un attaccante contemporaneo. Ruoli diversi (ma complementari). Identica passione nell’interpretarli in campo. O sugli spalti. Di chi si tratta? In fondo, saperlo ha un’importanza relativa.