Se il buon anno si vede dall’AlbinoLeffe, c’è poco da stare allegri. Perché sarà anche vero che (esergo turottiano nel post gara) “la Pro Patria sbaglia una partita così ogni 3 anni”, ma lo standard di prestazione (individuale e di squadra) offerto sabato è stato talmente modesto da impedire la derubricazione a semplice giornata storta. E per il biellese costituirsi in sala stampa ha significato sterilizzare l’analisi. Della serie, in un momento delicato l’esperienza di un dirigente ha sempre il suo perché. Ma agitare spettri sarebbe ora tanto superficiale quanto banalizzare l’accaduto. Servono testa fredda e cuore caldo. Doti che in questi anni il club ha mostrato di avere in misura XXL.

Pro Patria-Albinoleffe 13 colomboUova strapazzate. “Tutti hanno un piano. Prima di prendere il primo pugno”. Mike Tyson (uno che coi cazzotti ha sempre avuto una certa familiarità), riduceva la strategia a marginale orpello. Quale fosse il piano partita tigrotto, non lo sappiamo. L’unica cosa certa è che è andato a farsi benedire dopo soli 4’. Giusto il tempo servito a Sacha Cori per aprire la sua personalissima masterclass. Il resto è stato solo effetto di quella causa. A dispetto del “miglior riscaldamento di questo campionato”. Paradossale confessione del capitano (e veniale doppiettista) Riccardo Colombo. Evidentemente, erano già finite le energie. Facciamo che sono mancate personalità e carattere (zero gialli in una gara così?). Forse (soprattutto), il gioco. Perché (sempre in tema di citazioni e dintorni): “No se gana con huevos, se gana jugando bien”. Cavalcatissimo paradigma di Manu Ginobili che non necessita di traduzioni.

Sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma. L’occhio del padrone (si sa) ingrassa il cavallo. Ma quanto sarebbe cambiato con Ivan Javorcic in panca? Poco, niente, molto…sicuramente qualcosa. Perché Sala, per quanto bravo (e non certo per dire), ha un altro ruolo. E qualche saracca spalatina (onde evitare di finire nuovamente in castigo), avrebbe mandato in temperatura la squadra. Magari non sarà così. Ma è comunque bello (o comodo) pensarlo. Prossimità di Ivan Drago o meno, restano i passaggi a vuoto. Dal primo tempo di Gozzano in giù (o in su), peculiarità di una stagione in cui i livelli di attenzione hanno spesso vissuto up and down inspiegabili. Almeno da fuori. Di fatto, la difficoltà (più volte evocata), di rendere ordinario lo straordinario. “Vi abbiamo abituato troppo bene”, chiosa sempre il croato. Vero. Ma dalla virtù al vizio spesso è davvero un attimo.

Non mi somiglia per niente. Sei punti in meno dopo 20 gare giocate, 4 sconfitte interne contro le 3 dell’intera stagione scorsa, 13 reti subite in casa in 10 gare a fronte delle 17 in 18 del passato campionato. Ok, i confronti non saranno (spesso) omogenei, ma sono (sempre) sexy. Lo “Speroni” non è più un fattore. O lo è al contrario. Il pubblico è poco (449 paganti sabato) e ha diritto di mugugno. Pienamente legittimo. Anche se non aiuta. Bisogna ritrovare il filo. Partendo dai singoli. Molti non al livello delle loro qualità. Insomma, bocciatura in blocco. Non solo per Mangano. Crocifisso in sala mensa come chiunque incassi 3 gol. Di cui almeno 2 evitabili. Cattiva prestazione. Ma riaprire la mazurka dei portieri (probabilmente) non sarebbe consigliabile.

La vita è adesso. L’oroscopo dice Pergolettese domenica e Monza il mercoledì successivo. Cioè, le migliori 2 del momento. Per i brianzoli si sapeva (5 vittorie e un pari nelle ultime 6). Per i gialloblu decisamente meno (imbattuti da 6 turni in cui hanno raccolto 14 punti su 18). Playoff 2 punti (avanti), playout 4 (dietro). Nessun dramma. Ma nessun dorma.

Giovanni Castiglioni