Ecco la testimonianza “straniera” di Mauro Sacchi, 41 anni, nato e cresciuto a Gallarate, ma residente da oltre 15 anni a Taiwan. Mauro Sacchi, personaggio abbastanza noto nel mondo della pallacanestro provinciale per i suoi trascorsi cestistici a Gallarate, Cardano al Campo, Fagnano Olona e, per una stagione, da aggregato in prima squadra a Varese (vedi foto), dopo essersi laureato in “English Literature” a Ripon University (Wisconsin) e aver completato gli studi con un Master in “Performing Arts” tra Boston e Londra, risiede da oltre 15 anni a Taipei e nella “vecchia” Formosa insegna danza e teatro.

Come stai vivendo, davvero dall’altra parte del mondo, geograficamente, per abitudini, costumi e modo di vivere, l’esperienza coronavirus?
“Ho passato la settimana di Pasqua… a teatro. A fare teatro, a cercare di arrivare in porto con la piccola barchetta della mia nuova produzione, uno spettacolo di teatro-danza intitolato “5 anni, 5 giorni” a cui lavoro ormai da mesi. Ci sono riuscito, nonostante le tante difficoltà del caso. Quelle normali del darsi alla nobile arte del teatro, quelle aggiunte del essere registi, interpreti, coreografi, produttori, e finanziatori del proprio spettacolo indipendente e quelle contingenti della pandemia che sta facendo sfaceli in giro per tutto il mondo”.

Già, la pandemia.
“La pandemia di cui tanto sento parlare. La pandemia che blocca intere nazioni, chiude miliardi di persone in casa, mette in ginocchio l’economia planetaria e sta tristemente e silenziosamente portando via un’intera generazione nelle valli delle Prealpi lombarde. La pandemia che, si spera, porterà a cambiamenti positivi e radicali nel sistema capitalistico che sta distruggendo il pianeta”.

Com’è la situazione a Taiwan?
“A quasi 4 mesi dal suo inizio, ma forse 5 o 6, a voler ben investigare, ha infettato qui a Taiwan 393 persone, facendo meno di 10 morti. Sì, 393. Ed erano 49 fino a meno di un mese fa. Il 90% degli ultimi 300 e più casi sono tutti “importati”, di Taiwanesi (e stranieri con permessi di soggiorno, visto che le frontiere sono chiuse ai turisti e a quelli di passaggio ormai da quasi un mese) che rientrano dall’estero”.

Com’è cambiata la vita?
“Qui, a poche centinaia di chilometri dall’epicentro di Wuhan, in un’isola che fino a poco più di 30 anni fa era da annoverare, a essere generosi, “Paese in via di sviluppo”, la vita continua nella quasi normalità: si lavora, si esce a mangiare, si viaggia in metropolitana, si fa quasi tutto come fino all’anno scorso. Certo, ci sono precauzioni, e ben vengano visto che funzionano: le mascherine chirurgiche, non quelle di stoffa che a poco servono, sono ora obbligatorie praticamente in tutti i luoghi pubblici. Gli assembramenti di oltre 100 persone in luoghi al chiuso e 500 in esterni sono vietati (il limite, fino a tre settimane fa, era di 300 e 1000) e hanno ovviamente cancellato tutte le manifestazioni artistico-culturali di larga scala. Per quelle in piccolo, come il mio spettacolo, o le lezioni di danza, yoga e via discorrendo, bisogna controllare la temperatura di ogni spettatore all’ingresso, autocertificare il proprio stato di salute, eventuali viaggi all’estero e contatti con gente potenzialmente infetta. Oltre, ovviamente, al rispetto della distanza di sicurezza”.

Funziona?
“Sembra funzionare, quasi alla perfezione: in pochi si lamentano, non c’è panico e tutti si adattano alle regolamentazioni e alle restrizioni implementate di giorno in giorno. Certo, in questa atmosfera è cambiata, e parecchio, la vita sociale della città: si esce di meno e i ristoranti e i famosi “mercati notturni”, pur continuando a lavorare, segnalano un calo di presenze sostanziale”.

Come ti trovi a Taiwan?
“Taiwan, l’isola ”Formosa” (“Bellissima”), come la chiamavano i marinai portoghesi di centinaia di anni fa è uno splendido e strano Paese “non Paese” dove la democrazia è vissuta con orgoglio dai cittadini ma dove, per un’assurda, deleteria e letale politica di “Un’Unica Cina” in vigore dal 1972, si è esclusi in tutto e per tutto dai grandi giochi politici del mondo. Taiwan, paese all’avanguardia della tecnologia e della medicina – qui ci sono università di primissimo livello nelle quali si formano medici di tutto il mondo – sempre per oscuri intrighi politici è però escluso dall’OMS. A Taiwan, dicevo, si sono registrati solo 393 casi. Meno di quanti se ne contino in piccoli quartieri di Brescia. Meno dei decessi di alcuni piccoli paesini delle valli bergamasche. Non si tratta di fortuna, ma di un sistema, testato e implementato con sensibile fermezza da un governo capace di ispirare fiducia nella gente e bravo nel muoversi velocemente per fare ciò che serve, quando serve. Spesso muovendosi prima”.

Nel 2003 a Taiwan c’è stata anche la SARS.
“Qui tutti si ricordano della SARS del 2003, che, è vero, uccise “solo” qualche centinaio di persone tra Taipei e Hong Kong, ma portò al quasi tracollo dell’economia. Da quella crisi prese il via la volontà di migliorare i protocolli di prevenzione e contenimento che ora rendono Taiwan isola ancora più “felice” del solito. E siccome se lo ricordano, e siccome i più sono consci del fatto di essere isolati (anche se solo politicamente) dal resto del mondo, l’ethos Cino-asiatico dell’arrangiarsi – che poi, a voler ben vedere, è lo stesso dell’Italia, ma con molto più senso civico e del bene comune -, diventa qui ispirazione e motore di una certa autarchia benevola che si fida della scienza, delle statistiche, degli esperti. E qui gli esperti sono, fortunatamente, al potere: il Ministro della Salute e del Welfare, il Dottor Chen Shih-chung, è uno degli epidemiologi più famosi e rispettati al mondo, uno degli studiosi che 17 anni fa hanno sconfitto la SARS fa prima che mietesse migliaia, se non milioni, di vittime. E quindi, appena sono giunte le prime sconcertanti notizie da Wuhan, ci si è mossi più e meglio di ovunque altro: senza panico, ma con la meticolosa certezza dei protocolli di prevenzione e contenimento studiati e perfezionati negli ultimi due decenni: dapprima controlli di tutti gli arrivi aeroportuali, poi blocco degli arrivi da Wuhan e da tutta la regione di Hubei; estensione di due settimane della pausa scolastica invernale, dopo il Capodanno lunare/Cinese, per evitare masse di studenti che propagassero il virus nelle scuole di tutti i livelli. E così, mentre tra gennaio e febbraio in Occidente erroneamente e colpevolmente si minimizzava la cosiddetta “Influenza Cinese”, qui già ci si muoveva prevedendo grazie a “big data” ciò che sarebbe successo. Quindi, da subito un contenimento efficace cui è poi seguito un picco ampiamente previsto e controllato: i 49 casi totali dei primi 3 mesi, al 12 marzo, sono quindi “esplosi” a 393 di trentadue giorni dopo, ma oggi la vita continua quasi normalmente”.

C’è preoccupazione? 
“C’è sì, ovvio, e ci sono misure di settimana in settimana sempre più restrittive: i campus delle scuole sono ora ad accesso limitato ai soli studenti e personale docente e amministrativo; i controlli nei luoghi pubblici sono severi e frequentissimi; l’ubiquità delle mascherine,s ia per legge, sia per abitudine e precauzione personale e rispetto del prossimo. Ma, soprattutto, c’è una strettissima quarantena a cui vengono sottoposti sia tutti coloro che rientrano dall’estero, sia addirittura per coloro che provengono da luoghi turistici affollati, sia tutti coloro che siano stati a contatto con persone poi rivelatesi infette. E il sistema funziona, tiene e non fa una piega, ci sono pochissime proteste e multe salatissime, fino a 30 mila euro, per chi infrange la quarantena la rompe. Di contro il governo riconosce diarie di oltre 30 euro al giorno, pasti consegnati a domicilio, mascherine prodotte da aziende requisite dal governo per coloro che sono bloccati a casa in quarantena. Mascherine prenotabili tramite App dal telefonino, al costo di 1,60 euro per razione di 9 mascherine, a cui ogni cittadino e straniero ha diritto ogni 14 giorni. I casi, poi, sono praticamente tutti concentrati qui a Taipei (e nella regione metropolitana di New Taipei, popolazione totale attorno agli 8-9 milioni), dove gli ospedali sono pieni, ma assolutamente non al tracollo come nell’Occidente impreparato”.

Tu come ti senti?
“Guardo l’alba che sorge, un po’ nuvolosa sul fiume Danshui (tra i più inquinati al mondo, ma sempre e comunque suggestivo) sotto casa, stanco dopo la settimana a teatro, con l’adrenalina ancora mille, ma in apprensione solo ed esclusivamente per la famiglia, a Gallarate e nel Bresciano, e i mie tantissimi amici sparsi per il mondo: in tutta Italia, a Berlino, New York, California, Colorado, Wisconsin. Però, ho la fortuna di poter vivere nel posto forse più sicuro al mondo – qui, per dire, se ti cade il portafoglio per strada il Taiwanese medio ti rincorre per ridartelo -, e con ritmi di vita davvero “easy”. Uno stile di vita che mi lascia il tempo per pensare e godere delle piccole grandi cose della quotidianità e mi fa dire: chissà fra quanto tempo il mondo potrà uscire di casa in relativa sicurezza? Chissà quando potrò riabbracciarvi tutti?”.

 Massimo Turconi