Un volo che continua senza terminare mai. Marco “Highlander” Passera – foto da RietiLife – è come il vino buono. Più passano gli anni, più il playmaker varesino gioca bene. Magari un basket diverso da quello degli inizi, ma le cifre e i risultati di quest’anno premiano ancora una volta l’inossidabile Marco: 6,8 punti di media e 4,1 assist a gara sono numeri di assoluta costanza.
“Ora è troppo presto per pensare al basket giocato – afferma Passera – Bisogna vedere come sarà il futuro dato che dipende da tante cose. Se avrò ancora chances di fare la serie A2 mi cimenterò perche ho sempre adorato mettermi in gioco. Penso di poter avere davanti a me ancora un paio di anni di carriera e, nel mentre, vorrei portare avanti il discorso allenatore: non voglio lasciare indietro questa possibilità. Poi, sto portando avanti anche delle idee oltre il basket, ma è presto per parlarne”.
E allora parliamo dell’attualità. Come stai vivendo questo periodo senza basket e di quarantena?
“E’ un periodo veramente lungo senza poter giocare. Alla fine ti concentri su altre cose: per me è l’occasione di portare avanti altri progetti dato che ormai sono nella fase finale della mia carriera. E’ anche un periodo di riflessione: immagini come possa essere il dopo carriera da giocatore. Poi, ora sto facendo una cosa per me insolita: mi godo un pò la mia casa varesina!”.
A Rieti hai disputato un’ottima stagione sia personale che di squadra. Tra l’altro, tornando a giocare coi galloni di play titolare.
“Sono molto contento perchè dopo tre, quattro stagioni da cambio a Rieti ho avuto l’opportunità e ho risposto bene. Perme era una vera sfida e sono felice di averla vinta. Rieti è un’ottima piazza con tanto pubblico e questi sono elementi che ti spingono oltre la soglia della carta d’identità. Ci saremmo meritati di disputare i playoff: eravamo una squadra giovane che è cresciuta durante l’anno e ai playoff saremmo stati pronti a fare un bello sgambetto a qualcuno. E’ un peccato, ma non c’erano più le condizioni per giocare in sicurezza”.
Nella tua carriera certamente una tappa importante sono stati gli anni di Soresina.
“Infatti sono stati 5 anni meravigliosi. Ero un ragazzino che iniziava a fare il professionista. Ai tempi Cremona era una potenza della serie B e abbiamo centrato la promozione in LegaDue in una squadra che ha avuto fiducia nelle mie qualità. E’ stato un trampolino di lancio per il prosieguo della mia carriera”.
Poi Varese, un rapporto d’amore travagliato.
“Per me giocare nella e per la Pallacanestro Varese è stato un sogno come è normale che sia”.
Un’altra tappa importante è quella di Brescia. Altra sfida vinta riconquistando la A da protagonista.
“Esatto. Per me è stata l’ennesima volta che mi sono rimesso in gioco. Ho scelto un ruolo diverso dal solito, ma volevo provare a vincere ancora in carriera e son ofelice di aver contribuito alla crescita del movimento bresciano. Siamo partiti con 2000 spettatori al PalaSanFilippo per arrivare all’incredibile epilogo della finale promozione a Montichiari davanti a 7000 persone. Quando sei giocatore sogni di vivere sfide del genere davanti a così tanto pubblico: impossibile dimenticare le emozioni di quella giornata”.
Come è cambiato il tuo gioco in tutti questi anni?
“Certamente prima avevo gambe fresche e andavo sempre a cento all’ora e questo era il mio marchio. Poi, col passare degli anni si cambia, si inizia a ragionare di più, quello che prima ti veniva facile, ora lo fai perchè leggi il gioco prima e meglio degli altri tuoi compagni. Oggi penso di essere un giocatore migliore nelle letture”.
Sul tuo profilo su Wikipedia c’è una frase di Bonora che vede in te e Poeta i migliori registi italiani del momento. Correva l’anno 2008. Oggi a 38 anni sei ancora sulla breccia. Pando aveva ragione, ma forse sei stato sottostimato. Non trovi?
“Quell’intervista è stata fatta quando ero a Varese – afferma Passera – Era per Sportweek che aveva intervistato anche Poeta ed io. Il fatto fu che all’epoca arrivò Bianchini in panchina per Mrsic, io iniziai a giocare di meno e l’intervista uscì tre mesi dopo non so per quale motivo, ma sta di fatto che io recitai il ruolo dell’italiano che non trova spazio…Tornando alla domanda, ovvio che mi sarebbe piaciuto avere più spazio in serie A, però io non mi accontento delle briciole. A me piace giocare ed essere protagonista e se mi guardo indietro, non posso che esser soddisfatto di ciò che ho fatto”.
E chissà che il cerchio non possa chiudersi la dov’è iniziato, alla Robur. Per goderci le gesta di un varesino che ha scritto qualche pagina sul grande libro della pallacanestro negli ultimi venti anni.

Matteo Gallo

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