Oggi se non parli di The Last Dance non sei nessuno. Tanto è stata feticizzata la docuserie sportiva sulla corsa al sesto anello NBA di MJ e dei Bulls del 97/98 che anche con Luca Bertoni si finisce con l’aprire una parentesi: “Mi colpisce il fatto che al di là del talento indiscusso, Jordan avesse una passione per il gioco e una voglia di vincere spropositate. Al limite dell’ossessione. E’ uno spaccato molto interessante per chi fa sport. Certamente una fonte di ispirazione. Ti insegna che quando vuoi una cosa, devi sapere andare oltre”. Divagazione? Naah…in un calcio chiuso per Covid, la chiarezza delle motivazioni potrebbe fare la differenza alla ripresa.
Già, la ripresa. Un orizzonte che il 14 biancoblu può solo intravvedere: “C’è tanta voglia di ripartire. Anche perché ci hanno fermato sul più bello. Sono settimane in cui prevalgono dubbi, incertezze e ovviamente parecchia attesa. Mi manca molto il campo, i compagni, lo spirito di squadra. Ma sto passando più tempo con la famiglia. Questo almeno è un lato positivo di quanto sta accadendo”.

Argomento che alla luce dell’ultima assemblea di Lega è ampiamente superato. Ma è giusto affrontarlo ugualmente. Quando si ripartirà, meglio chiudere questo campionato o ricominciare dal prossimo?  
“Credo sia più pratico mettere il punto e ripartire da capo. Lo stop non è certo colpa di nessuno. Ma non penso sia molto logico mettere a rischio anche la prossima stagione”.

Per ingannare l’attesa, il gioco di società del momento riguarda il format dei prossimi campionati. Qualche suggerimento? 
“Il nostro calcio ha bisogno di una riforma. Se ne parlava anche prima del lockdown. Quale riforma? Difficile dirlo. L’importante è non cambiare tanto per farlo. Sarebbe un danno. Già ci attendono (quantomeno in una prima fase), stadi senza pubblico, crisi economica e necessità da parte di tutti di fare sacrifici. Calciatori compresi. Quindi, è davvero il caso di valutare molto bene”.  

Zona playoff ad un passo, 32 punti in 26 partite. La tua didascalia alla stagione giocoforza mutilata della Pro Patria?
“Stavamo facendo il nostro campionato. Alti e bassi, ma rispettando i programmi. L’obiettivo era salvarsi e crescere. Credo fossimo pienamente in linea con il progetto”.

La frase di Javorcic “E’ difficile essere Bertoni” è diventato un manifesto esistenziale. Sempre che sia davvero difficile, lo è stato più in questa stagione o in quella passata? 
“Il primo anno sono arrivato in una squadra già formata e che proveniva da una stagione di vittorie. C’erano automatismi in cui forse era più semplice inserirsi. Quest’anno abbiamo cambiato più di quanto possa apparire all’esterno. Una squadra più giovane che ha avuto necessità di tempo per raggiungere il giusto equilibrio. Per quanto mi riguarda, il livello di difficoltà è stato omogeneo tra un anno e l’altro”. 

Tornando allo spalatino. Il suo nome è sull’agendina di parecchi DS. Non solo di C. Lo vedi ancora sulla panchina biancoblu?  
“Ho un ottimo rapporto con lui. C’è stima e devo dire che abbiamo sempre lavorato molto bene. Sul suo futuro non posso pronunciarmi. Anche perché non conosco neppure il mio”.

Ecco, appunto. Contratto in scadenza al 30 giugno e una spiccata centralità nel progetto tecnico. Pensi di rimanere?
“Ovviamente non ne abbiamo ancora parlato. Da parte mia c’è grande disponibilità a restare. Qui mi sono trovato molto bene. Sotto tutti i punti di vista”.

Da piccolo Xavi nelle giovanili del Milan a epigono di Busquets nell’esperienza bustocca. Dove sta la verità?
“Il mio ruolo è play davanti alla difesa. Quindi il paragone più calzante è quello con Busquets. Quantomeno per caratteristiche. Però se mi chiedi quale giocatore è maggiore fonte di ispirazione, la risposta non può essere che Pirlo. Uno che ha rivoluzionato il gioco in quella posizione di campo”.

A Busto su di te ci si è spesso divisi. C’è chi stravede (partito di cui lo scrivente detiene la tessera) e chi ti considera lento per il gioco moderno. Te ne fai una ragione?
“Beh, non si può piacere a tutti. Ma non è una cosa che mi preoccupa o di cui possa soffrire. Anzi, cerco sempre di fare tesoro delle critiche. Per poter dare il mio massimo”.  

Giovanni Castiglioni

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