Oggi è un giorno speciale per la Pallacanestro Varese perché compie gli anni coach Attilio Caja. L’allenatore pavese, che oggi compie 59 anni, ormai da 5 anni siede stabilmente sulla panchina di Varese e ha contribuito in maniera diretta e fattuale a portare stabilità e continuità di risultati e di crescita per la squadra e la società.

Auguri coach.
“E’ un compleanno particolare ma comunque bello, perché tutti i compleanni vanno festeggiati, soprattutto in un periodo, questo del Coronavirus, che ci ha insegnato quanto la vita sia importante e come possa cambiare da un momento all’altro ed inaspettatamente. E’ importante godersi ogni momento, non arrabbiarsi per le cose futili e capire che bisogna essere contenti di ciò che sia, essere felici, non guardare troppo in là perchè la vita può cambiare da un attimo all’altro ed è talmente breve che va vissuta godendosela ogni giorno”.

Cosa ne pensa delle novità introdotte dalla riunione della Lega Basket di settimana scorsa, riguardo il nuovo format della Serie A e la Supercoppa?
“Ci sono delle persone preposte che studiano per prendere queste decisioni e vanno accettate nel modo migliore. Quindi le scelte prese sono sicuramente fatte in un’ottica di miglioramento del campionato, ora sta a me, in collaborazione con la parte tecnica, Andrea Conti e la società, fare del nostro meglio per farci trovare pronti ai blocchi di partenza”.

A questo proposito, che Openjobmetis ci dobbiamo attendere per il prossimo anno?
“Partiamo dal presupposto che sono poche le squadre che possono determinare il mercato, scegliendo i giocatori che vogliono e portandoli a casa. Nella maggioranza dei casi, tra cui ci siamo noi, tutto parte dalle idee che si hanno e che poi vanno conciliate con la realtà del mercato. Sicuramente vogliamo continuare con il solco italiani come negli ultimi anni e poi vedremo quali giocatori vorranno sposare la nostra causa per riproporci negli standard mantenuti fin qui”.

Facendo un passo indietro, lei si sarebbe mai aspettato 5 anni fa, quando è arrivato a sostituire Pozzecco sulla panchina di Varese, di rimanere così a lungo e costruire un progetto che va avanti da 5 anni e continuerà per i prossimi due almeno, legando così tanto con la città e riportando la società a raggiungere traguardi importanti come la partecipazione ai playoff ed alla Coppa Italia?
“Quando si inizia un percorso ci si augura che vada bene e di poterlo portare avanti il più a lungo possibile. E’ chiaro che per fare le cose bisogna essere in due. Da parte mia 5 anni fa c’era tutta l’intenzione di fare bene e stare a lungo a Varese, che per me è un ambiente fantastico dove mi trovo benissimo, non solo a livello sportivo e di lavoro, ma anche nella vita quotidiana. A Varese mi trovo molto bene con la società, partendo da Toto Bulgheroni, che è il mio primo interlocutore, passando per Coldebella, fino a quando è stato con noi ed ora mi trovo molto bene con Andrea Conti, fino ad arrivare a tutti i collaboratori. Mi rende felice il fatto che, oltre che trovarmi bene io con loro, siano loro a trovarsi bene con me e me lo dimostrano per la fiducia e la scelta che mi danno. Io ci metto tanta dedizione, tanta passione, portando l’etica del lavoro ogni giorno, anteponendo gli interessi societari a quello personali. Non sono il tipo che non è mai contento del posto dov’è e che pensa che l’erba del vicino sia sempre migliore. Per me Varese è il massimo, anche due anni fa quando sono stato nominato MVP degli allenatori e si sono presentate altre opportunità non ho mai pensato di lasciare questa squadra e questa città, perché per me Varese è il posto migliore dove poter essere. Riusciamo a portare avanti un programma di lavoro che ci permette di compensare il fatto di non poter raggiungere i top giocatori a livello economico ma con l’organizzazione ed il lavoro riusciamo a far crescere in casa dei giocatori che magari non arrivano con lo status di top e poi si dimostrano validissimi”.

Questo è anche uno dei suoi meriti, quello di aver fatto diventare perni fondamentali nei diversi anni giocatori che erano arrivati un po sottotono come Capitan Ferrero, Tambone, Avramovic, Okoye, Cain..
“Penso che con un metodo di lavoro serio, organizzazione ed una struttura seria come abbiamo noi a Varese, tutto ciò permetta di sviluppare questo modello, creando un valore aggiunto sui giocatori che entrano a far parte di questo sistema”.

Entriamo nel decimo anno del Consorzio a Varese, un modello del quale lei fa parte da ormai 5 anni e che vuole ed ha intenzione di espandersi sempre più e migliorarsi, lei pensa che questo sia un modello che anche le altre società in Italia dovrebbero seguire e quanto è valido come sistema societario?
“Credo che escluse le società gestite dai magnati, quello del Consorzio sia il modello migliore, se non l’unico per andare avanti. Per noi qui a Varese il Consorzio vuol dire molto, perché è fatto da persone che hanno una passione vera per questo sport, per questa squadra e per questa città. Persone che nella vita hanno ricevuto tanto dal loro territorio ed ora decidono in qualche modo di ricambiare in un meccanismo di dare e avere bellissimo, tenendo conto che sono più gli oneri che gli onori. Rispetto d un proprietario unico, che quando le cose vanno bene ha tutti gli elogi per se, nella realtà del Consorzio parliamo di persone che si impegnano, in maniera silenziosa, con molta gente che non sa neanche chi sono molti membri di questo gruppo, per portare avanti con passione e dedizione costante una realtà del proprio territorio e che gli sta a cuore e penso che questa sia una cosa bellissima. Purtroppo viviamo in un mondo dove molte persone pensano a diventare i più ricchi del cimitero, quando dovrebbero tenere a mente, soprattutto in questo periodo di coronavirus , l’esempio della livella di Totò. E’ fondamentale secondo me l’esempio di senso civico che da il Consorzio a Varese e le persone che lo compongono con il loro impegno quotidiano per elevare una realtà del proprio territorio ed è per questo che i nostri consorziati vanno ringraziati da tutta Varese”.

Alessandro Burin

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