Thomas Valentino, nuovo membro del Cda di Pallacanestro Varese, racconta la sua esperienza nel mondo cestistico, la gavetta che lo ha portato ad entrare a far parte della società biancorossa e l’obiettivo del futuro ben chiaro e preciso: riportare la squadra e il territorio a sentirsi quanto più vicini per un futuro sempre più roseo, il miglior modo per ripartire dopo l’emergenza Covid-19.

Quali sono le emozioni e le responsabilità per l’incarico ricevuto?
“Parlando di responsabilità, per me questo incarico è il risultato di un percorso che ho fatto partendo dai bassi fondi, dalla gavetta che è giusto fare e che va fatta. Quando 5 anni presi in mano Gallarate era in un a situazione talmente difficile, complicata, che serviva dare le famose tre parole magiche: ordine, entusiasmo e rilancio finanziario. L’ordine parte dalla ricerca di persone che vivano il basket come te, motivate, che abbiano una passione vera per questo sport e che non lo vivano come un peso o come un mero lavoro. L’entusiasmo e la motivazione devono portare la pallacanestro, una volta fuori dal terreno di gioco, su un altro piano, quindi se non puoi fare l’allenatore o il giocatore nella vita ti devi mettere la giacca e la cravatta e sederti dietro una scrivania con l’entusiasmo che serve ad approcciare la comunità, dando l’immagine migliore possibile di ciò che stai vendendo, mostrandolo come qualcosa di bello, pulito e vivibile. La terza cosa, che è collegata alla vendita di un prodotto bello, pulito e positivo, è incentrata sul portare dentro il mondo basket industriali e imprenditori che portino la benzina con la quale potersi muovere, che è il punto focale per tutti. Per me Varese è un Ground Zero. Arrivo in una società già ben strutturata, con persone che negli anni hanno fatto molto bene come Orgoglio Varese, Il Basket Siamo Noi, il Consorzio, il lavoro dell’Academy e quindi dovrò mettermi, senza presunzione, a capire dove si può dare una mano. L’unica casella ad oggi era quella di poter bucare lo schermo e dare un volto a tutte quelle persone che lavorano dietro la macchina Pallacanestro Varese e fare sì che altre persone possano seguirci”.

Come si può espandere il marchio della Pallacanestro Varese sul territorio?
“Cercando di renderlo leggero. Per anni Pallacanestro Varese è sembrato l’Eden, composto da figure sempre molto serie ma con un alone di freddezza che ne derivava. E’ vero che negli anni la società ha sempre portato i giocatori nelle scuole, negli ospedali e i giocatori, da capitan Ferrero in poi, sono tutti uomini fantastici e disponibili. Ma se oggi dovessimo fermare la giostra e chiedere Pallacanestro Varese a che faccia la alleghi ad un qualsiasi tifoso, probabilmente oggi molti direbbero Toto Bulgheroni e l’anno della stella, e grazie a Dio è ancora con noi il Toto perché è una persona importantissima. Ma secondo me in questi anni Varese non ha sviluppato una faccia, un’identità precisa, e ciò rende freddo il rapporto poi con l’esterno. Ecco noi dobbiamo andare a riscaldare l’immagine della società, dobbiamo renderla più vicina alla gente perché è ancora troppo lontana e distante”.

Che cosa verrà dopo questa crisi legata al Covid-19 per quanto riguarda il basket, in primis quello professionistico e poi quello dilettantistico?
“Le giovanili saranno sicuramente il treno fondamentale per la rinascita del basket. Da esse si può riuscire a trovare qualche genitore facoltoso che capendo la situazione di crisi potrebbe dare una mano. E’ chiaro che per le Minors, 5000 o 10000 euro sono somme essenziali per sopravvivere e possono essere erogati da aziende ad esempio come la mia, per le quali un importo del genere non crea un danno così grosso al computo finale dell’anno e può essere destinato al sostentamento delle società, come faccio io con Gallarate direttamente da Main sponsor. Una piccola cifra che può fare una grandissima differenza per non sentire l’impatto della crisi, chiaro oggi quello che prima facevi con l’aiuto di 3 aziende lo si farà magari con 5 perché cambia il contributo che viene dato, però alla fine l’importante è raggiungere il risultato finale. Per la Serie A il discorso è completamente diverso, perché i costi sono diversi, quindi andare a trovare, soprattutto oggi, persone e società che possono aiutare come fa il grandissimo Rasizza da parecchi anni per Varese è difficile ma non impossibile e questo perché ci sono società che hanno bisogno di visibilità, società che sono rimaste troppi anni nel buio e quindi oggi possono aver bisogno di questa visibilità che il basket, a differenza del calcio ti dà, anche come quarto, quinto sponsor”.

Alessandro Burin

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