Durante il periodo in cui l’invito è stato “Restate a casa”, non c’era niente da fare che provare a mettere un po’ d’ordine in un archivio sempre troppo incasinato. Dai cassetti e dagli scaffali sono saltati fuori libri, appunti, foto, ritagli di giornale e chi più ne ha, più ne metta.
Foto. Tante. Ognuna delle quali racconta una storia. Cristallizza un momento. Movimenta ricordi. Trascina emozioni. Innesca spunti di riflessione. E tanto, molto d’altro ancora.

In quegli anni Gianmarco Pozzecco avrebbe potuto fare qualunque cosa. E chiedere qualunque cosa. Avrebbe potuto presentarsi alle elezioni per diventare Sindaco della città. E molto probabilmente avrebbe vinto. Oppure chiedere che venisse edificata in suo onore una statua equestre in Piazza Monte Grappa.
In quegli anni al “Poz” si concedeva quasi tutto e, del resto, lui “si” concedeva quasi tutto. E, del resto, questa foto rientra perfettamente nei canoni del personaggio “totale” al quale un po’ tutti avevamo fatto l’abitudine.
“Quella foto nasce assolutamente per caso e – ricorda Pozzecco – dimostra quanto fossi davvero psicopatico in alcune occasioni. Infatti, se ci si fa caso, si potrà vedere che ai piedi porto la fasciature di protezione per le caviglie e, dai, nessuno sano di mente fa una foto del genere col tensoplasti ai piedi. Poi, ancora, sul braccio si può notare che non ho un tatuaggio, ma una scritta fatta con l’hennè sulla quale si può leggere, o almeno io lo so quindi la leggo: “Don’t disqualify Bill”, dedicata al mio grande amico Bill Edwards che in quella stagione, credo fosse il 1998, giocava a Roma ed era stato squalificato perchè trovato positivo all’antidoping per aver fumato una canna”.

Fasciature ai piedi, “catenazza” d’oro e pallone a coprire la zona genitale. La domanda d’obbligo è: ma perchè tutto ciò?
“Per le stesse ragioni alle quali hai accennato in apertura: perchè in quel periodo qualsiasi, davvero qualsiasi cosa facessi, qualsiasi mio comportamento, usciva rapidamente da Varese e in qualche modo finiva con l’avere impatto mediatico a livello nazionale. Ricordo che questa foto, accompagnata dai commenti più disparati, a volte addirittura “disperati”, venne pubblicata da diversi giornali e finì su alcune riviste che con la pallacanestro non c’entravano nulla. Posso dirti che per coprire davvero le pudenda usai il “Big Ball”, un pallone più grosso, che utilizzavamo per gli esercizi di tiro. Infine, se proprio devo dirti la verità, non so, o meglio, non ricordo più il perchè di quello scatto fotografico. Forse proprio perchè in quel periodo facevo di tutto e – conclude con un sorriso ironico il “Poz” – non tutto quello che facevo aveva un senso”.

Massimo Turconi

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